<strong>Delitto Fadani. </strong>Per il gip non ci sono gravi indizi, per l’accusa è stata un’azione collettiva

«Spinelli va riarrestato»

La procura ricorre contro la scarcerazione del rom

TERAMO. «Spinelli deve tornare in carcere»: lo chiede la procura che ricorre contro la scarcerazione di uno dei tre giovani rom accusati dell’omicidio di Emanuele Fadani e rimesso in libertà dal gip Marina Tommolini. Già nelle prossime ore il procuratore Gabriele Ferretti presenterà ricorso al tribunale del Riesame contro il provvedimento.

Secondo il gip non esisterebbero più i gravi indizi a carico di Sante Spinelli che martedì mattina, dopo l’accoglimento dell’istanza presentata dal suo difensore Piergiuseppe Sgura, ha lasciato il carcere di Castrogno. Di diverso avviso la procura che ha espresso parere negativo alla scarcerazione del rom. Il provvedimento del gip è arrivato all’indomani della riconsegna della perizia medico-legale disposta dalla procura, perizia secondo cui Fadani sarebbe stato ucciso con un solo colpo, molto probabilmente un violento pugno alla testa, sferrato da uno dei tre rom indagati. Rom che non è Sante Spinelli. «Sotto un profilo giuridico non è stata un’azione individuale» tiene a precisare Ferretti, titolare del caso con il sostituto Roberta D’Avolio.

Va detto che il tribunale del Riesame, subito dopo l’applicazione della misura cautelare a carico dei tre, nei mesi scorsi si è già espresso sul caso, respingendo la richiesta di scarcerazione e riconoscendo la necessità, proprio sulla base dei gravi indizi, della misura cautelare in carcere. Dopo questa decisione l’attività istruttoria della procura è proseguita confermando, secondo gli inquirenti, il quadro accusatorio nei confronti dei tre rom e il loro coinvolgimento.

DUE IN CARCERE. Da lunedì per l’omicidio Fadani restano in carcere i cugini Danilo ed Elvis Levakovic, che nel corso di un faccia a faccia con il pm D’Avolio ha detto di essere stato lui a colpire con un pugno la vittima. Questa ricostruzione sarebbe confermata anche dalle immagini delle telecamere di sorveglianza della banca che si trova proprio davanti al pub in cui la notte dell’11 novembre scorso l’imprenditore di 38 anni venne ucciso durante una lite. Nei prossimi giorni, intanto, dal Ris di Roma dovrebbero arrivare i risultati dei test sulla presenza di eventuali tracce biologiche sulle scarpe che Sante Spinelli e Danilo Levakovic indossavano la sera del delitto.

Non ci sono quelle di Elvis. Il rom venne arrestato tre giorni dopo l’omicidio ed è molto probabile che proprio per questo le scarpe che indossava quella sera non siano mai state trovate e quindi sequestrate. I primi test fatti hanno acclarato la presenza di piccolissime tracce di sangue vicino ai lacci delle scarpe da ginnastica indossate da Danilo, mentre nulla è stato trovato sulle scarpe di Sante.

LA PROTESTA. Il ritorno in libertà di Spinelli, che non ha nessun obbligo, ha sollevato le proteste di familiari e amici della vittima, che martedì pomeriggio si sono incatenati in strada contro il provvedimento del giudice. Con loro anche Anita e Fabrizio Fadani, madre e fratello dell’imprenditore ucciso. «Ci sentiamo presi a schiaffi da questa giustizia» ha detto Fabrizio.

LA TENSIONE. La tensione ad Alba, la città in cui all’indomani del delitto numerosi cittadini marciarono davanti alle case dei rom lanciando sassi e bruciando auto, torna alta. «Ci auguriamo che non succeda quello che è avvenuto a novembre», dice una rom che abita in una delle strade che in quei giorni di novembre furono devastate, «ma come facciamo ad andare avanti in questo modo? Noi abbiamo paura. Quello che è avvenuto è un grave fatto, ma la giustizia segue il suo corso. Di questo passo si innesca un meccanismo che non finirà più.»