Teramo, alla Richetti dubbi sul rientro di tutti i lavoratori 

Il 25 settembre scade la cassa integrazione per 40 degli 86 operai della fabbrica distrutta da un incendio a giugno. Il rappresentante Cisl: non abbiamo certezze 

TERAMO. C’è preoccupazione per la ripresa del lavoro dei dipendenti della Richetti, messi in casa integrazione dopo il terribile incendio del 26 giugno scorso che ha devastato lo stabilimento della zona industriale di Sant’Atto. Il 25 settembre prossimo scadrà la cassa integrazione per 40 degli 86 dipendenti a tempo indeterminato, ma secondo i rappresentanti sindacali non ci sono ancora delle certezze. «Ci hanno promesso», dice Carlo Palumbo della Cisl, «che il 25 settembre rientreranno tutti i lavoratori, ma non ci hanno fatto sapere ancora niente di preciso». Attualmente, fa sapere ancora il sindacalista, stanno lavorando circa 140 lavoratori interinali. L’attività lavorativa della Richetti , che produce merendine e generi alimentari per gli autogrill, si svolge dal 26 giugno scorso nell’attiguo capannone della ex Foodinvest, gruppo che comprendeva anche lo stabilimento andato in fiamme, che prima si chiamava Magus. Il timore espresso dal rappresentante sindacale si basa sul fatto che nonostante manchino poco più di venti giorni al termine della cassa integrazione, dall’azienda non sono ancora arrivati segnali di conferma che tutti torneranno al lavoro, anche se – precisa lo stesso sindacalista – l’azienda ha finora rispettato tutti i termini, anticipando il pagamento della cassa integrazione. Solo un timore, dunque, che però già mette in allarme i lavoratori.
Lo stabilimento della Richetti è stato completamente distrutto dall’incendio, un rogo che ha destato anche una forte preoccupazione di tipo ambientale. Le fiamme, alte fino a venti metri, avevano sprigionato fumi in tutta l’area circostante, compresi i centri abitati, facendo pensare a un grave inquinamento ambientale di tuta la zona. Le analisi effettuate all’indomani del rogo avevano però escluso la presenza di sostanze inquinanti in misura pericolosa sui terreni circostanti e nell’atmosfera, in particolare l’amianto. Del resto nel capannone incendiato c’erano soprattutto materie prime per produzioni alimentari, tutte sostanze non pericolose. Tuttavia, il sindaco aveva poi disposto la bonifica dell’area per evitare ogni tipo di rischio, anche se remoto. Sul caso la procura ha aperto un’inchiesta e da allora lo stabilimento è stato posto sotto sequestro in attesa che si concluda l’indagine giudiziaria. Si procede per l’ipotesi di reato di incendio colposo, ma per ora non ci sono indagati. (red.te.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA .