Teramo, Brucchi si dimette ma non si arrende

Ha venti giorni di tempo per recuperare la maggioranza e scongiurare un commissariamento lungo un anno

TERAMO. Ci ha pensato tutta la notte in una «lunga e sofferta riflessione» come scrive lui stesso. E' stata una scelta dolorosa ma inevitabile quella del sindaco Maurizio Brucchi, culminata nella mattinata di ieri con l'invio al prefetto Graziella Palma Maria Patrizi e al presidente del consiglio comunale Milton Di Sabatino della sua lettera di dimissioni. Una decisione frutto della «situazione politica che si è venuta a creare all'interno dalla coalizione di centro destra al Comune di Teramo», evidenzia nella missiva il primo cittadino, che prende atto dello sfaldamento della maggioranza riscontrato nelle ultime due sedute consiliari. Le fuoriuscite di Vincenzo Falasca, Alfredo Caccioni e Domenico Sbraccia hanno lasciato di fatto lo schieramento uscito vincente dalle elezioni del 2014 senza numeri per governare, con solo 15 consiglieri dei 17 necessari per dare stabilità all'amministrazione. Il varo della giunta, riallargata a nove assessori con le nomine di Dodo Di Sabatino Martina, Katia Provvisiero e Silvio Antonini, ha sortito l'effetto contrario a quello con cui era stato concepito: rafforzare l'azione di governo.

Brucchi, però, rivendica la coerenza del suo percorso politico. «La dedizione e l’amore verso la mia città ritengo di averle dimostrate in 17 anni di amministrazione», scrive, «la costanza, la coerenza, l’onestà e il grande lavoro hanno caratterizzato il mio essere consigliere comunale, assessore ed infine sindaco». Nelle poche righe della lettera c'è spazio anche per i ringraziamenti alla «mia famiglia, i miei concittadini, la coalizione che mi ha sostenuto, il movimento di Forza Italia ed in particolare il presidente Silvio Berlusconi i cui valori hanno ispirato la mia azione politica». Un ringraziamento è rivolto anche al consiglio comunale. «Lascio con profondo dispiacere e rammarico in un momento in cui la città avrebbe bisogno di una guida per portare avanti le difficili sfide del post sisma», conclude Brucchi, «ma consapevole di aver dato tutto me stesso per la mia amata Teramo».

La sua, però, non è una resa incondizionata. La legge gli attribuisce venti giorni di tempo per ritirare le dimissioni e ripresentarsi in consiglio con la maggioranza ricompattata o comunque sufficiente a sostenerlo fino alla scadenza naturale del mandato nel 2019. Brucchi, con le dimissioni, ha tirato un sasso nella palude dei perenni contrari interni alla coalizione. Nei prossimi giorni si ripeterà la liturgia delle consultazioni, dei tavoli politici e delle priorità programmatiche da condividere. Ma non saranno solo questi i passaggi determinanti per tentare di rimettere in piedi la maggioranza. Il centrodestra che ha vinto le elezioni due anni e mezzo fa può ancora contare, se tutti rientrassero alla base, su 21 consiglieri: uno schieramento ben più ampio del minimo indispensabile per governare. L'onda emotiva mossa dalle dimissioni e dallo spauracchio di un commissariamento, che sottrarrebbe alla gestione politica fino alla primavera 2018 una fase delicatissima come quella post sismica, potrebbe riavvicinare le forze tradizionalmente alleate. Un cedimento definitivo, infatti, non sarebbe di buon auspicio neppure per le elezioni comunali all'Aquila e ad Avezzano dove il centrodestra cerca di presentarsi unito. La decisione di Brucchi, insomma, più che una capitolazione è una mossa tattica per riprendere in mano l'iniziativa politica e tentare, se possibile, di ricostruire una maggioranza che stia insieme per necessità se non proprio per volontà.

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