Teramo, la Regione chiude il centro-ictus e vieta il farmaco che salva la vita

Un duro colpo all’ospedale di Teramo ma la nuova statistica sul numero di morti per infarto smentisce il ministero della Salute e premia il dipartimento di cardiologia diretto da Napolitano

TERAMO. Non c’è pace per l’ospedale di Teramo. La Regione taglia l’unità operativa che cura l’ictus, istituita poco più di due anni fa nel reparto di neurologia. La revoca dell’autorizzazione è stata recapitata una settimana fa ai vertici della Asl. Nella determinazione del servizio di assistenza farmaceutica della Regione si dice che l’unità operativa non ha più i requisiti per effettuare il trattamento trombolitico sull’ictus ischemico. E vieta l’utilizzo del farmaco salvavita “Actilyse” che se iniettato entro le prime tre ore dall’ictus, può sciogliere i trombi. Nessun preavviso, nessuna possibilità di rientrare nei parametri: solo una revoca immediata.

Eppure è possibile rientrare nei parametri di legge in maniera relativamente facile. Al centro per la cura dell’ictus che operava nel reparto diretto da Maurizio Assetta mancano tre requisiti. Uno è la guardia medica notturna che non c’è, ma sarà a giorni adottato un sistema per le guardie incentivate. Un altro è la mancanza di un logopedista, trasferito a Casalena, ma che può essere rispostato con un ordine di servizio. Il terzo è la presenza di infermieri specifici per i letti di terapia semintensiva, ora lavorano in maniera indistinta in tutto il reparto di neurologia.

E così scompare un servizio che ha curato 40 ictus in due anni. Viene cassato, senza dare alla Asl possibilità di porvi rimedio. Ora per curare gli ictus resta al Mazzini l’avanzatissima, e unica in Abruzzo, unità operativa di radiologia vascolare, che però di solito interviene dopo tre ore dall’ictus e con procedure molto più invasive. Sull’argomento interviene il consigliere regionale dell’Idv Carlo Costantini: «Il paradosso è che la stessa Regione che avrebbe dovuto intervenire presso sulla Asl per colmare le carenze in organico e garantire il servizio, è invece di fatto intervenuta per sanzionare se stessa, revocando l’autorizzazione. Dal 9 giugno i teramani colpiti da ictus non potranno più giovarsi di questo trattamento. E’ il modello di sanità prodotto dopo anni di gestione assoluta del potere non solo di Chiodi ma anche di chi gli sta accanto e che finora ha preferito fingere di non vedere».

Una buona notizia invece riguarda il dipartimento cuore e vasi della Asl di Teramo. Mesi fa uno studio dell’Agenas, agenzia del ministero della Salute, assegnò un’alta mortalità ai pazienti infartuati del reparto teramano. Dati che parvero strani, tanto che il direttore del dipartimento, Cosimo Napoletano, li mise subito in dubbio. E ora uno studio del servizio flussi della Regione conferma i sospetti. Sul totale dei pazienti, entro le 48 ore dall’inizio dell’infarto miocardico acuto, nel 2010, la percentuale di mortalità è dell’8,2%, molto inferiore rispetto alla media nazionale del 10,95%. Se poi si considerano solo i casi trattati con angioplastica, la percentuale si abbassa fino al 3,1%, anche in questo caso sotto la media nazionale del 3,97%.

L’errore è stato causato dal fatto che lo studio di Agenas non prendeva in considerazione i pazienti trasferiti a Mazzini, ma solo quelli arrivati direttamente. Prendendo invece tutte le cartelle cliniche nel 2010, il quadro cambia radicalmente. «Grazie allo studio effettuato dal Servizio flussi informativi», spiega Napoletano, «abbiamo potuto capire che l’Agenas ha escluso 205 pazienti, più della metà dei casi trattati a Teramo. E questo perché i criteri utilizzati hanno il grave difetto di non considerare i pazienti trasferiti da altre strutture. È chiaro che nella Asl di Teramo, dove abbiamo realizzato la rete di emergenza cardiologica tra i vari presidi ed il 118, questo ha penalizzato la nostra performance piuttosto che esaltarla».

Nella rilevazione 2010 non sono rientrati, ad esempio, 67 pazienti trasferiti da Avezzano, 38 da Giulianova, 20 da Atri e altri. «Una lettura della realtà paradossale» afferma Napoletano, «tanto che, nel 2009, appena un anno prima, i dati dell’Agenas ci avevano fatto ottenere risultati opposti, i migliori della Regione».

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