in tribunale

Teramo, muore d’infarto: citati i datori di lavoro

I familiari di un uomo al giudice: era malato di cuore e non poteva fare lavori pesanti come usare la motosega per tagliare alberi e sollevare i tronchi

TERAMO. Sarà un giudice del lavoro a fare chiarezza. Perchè i familiari di un uomo di 54 anni stroncato da un infarto sono convinti che quel malore fatale sia stata la conseguenza di mansioni lavorative a cui, sostengono, non doveva essere sottoposto per questioni di salute. Tra questi il taglio e la rimozione di un grosso albero finito sulla strada. Il caso è approdato in tribunale dopo il ricorso presentato dall’avvocato Sigmar Frattarelli: la prima udienza fissata davanti al giudice Giuseppe Marcheggiani,è prevista a settembre.

L’uomo, operaio addetto alla manutenzione del verde pubblico di una società partecipata di un Comune del Teramano, sposato e padre di una ragazzina di 14 anni, aveva una patologia cardiologica e per questo, nonostante fosse stato riconosciuto idoneo allo svolgimento delle mansioni per cui era stato assunto al termine di numerose visite, era stato destinatario di una serie di prescrizioni del medico aziendale quali, in particolare, «la non movimentazione manuale di carichi e il divieto di uso di mezzi vibranti». «Il 5 marzo del 2015», spiega Frattarelli, legale della famiglia, «l’uomo venne chiamato dal proprio responsabile che gli comunicava che a causa della pioggia era caduto un albero e che bisognava intervenire per liberare la strada. L’uomo intervenne sul posto con altri addetti e qui gli venne detto di occuparsi della rimozione dell’albero dalla strada e del taglio del tronco con una grossa motosega per poi poterlo trasportare altrove. Tagliò a pezzi il tronco e poi li sistemò sul camion, ma durante lo svolgimento di questo lavoro avvertì un forte dolore al petto e venne prima riaccompagnato a casa e poi al pronto soccorso dell’ospedale di Giulianova». Gli venne diagnosticata una sindrome coronarica acuta: venne trasportato a Mazzini e qui operato.

L’uomo rimase in malattia da marzo fino a settembre 2015, mese in cui venne licenziato per superamento del periodo massimo di malattia. Per questo si era rivolto al legale con l’intenzione di impugnare il licenziamento, ritenuto illegittimo, e per chiedere il risarcimento danni. «Proprio nei giorni in cui eravamo in procinto di depositare il ricorso in tribunale il mio assistito ha avuto un’altra crisi e un infarto lo ha ucciso il 15 gennaio di quest’anno», continua l’avvocato, «noi crediamo che l’infarto che lo ha colpito sia stata la diretta conseguenza delle lesioni riportate nel giorno dell’uso della motosega quando la società datrice di lavoro, pur conoscendo il suo stato di salute e contravvenendo alla prescrizione del divieto di utilizzo di mezzi vibranti, lo ha adibito allo svolgimento di un lavoro prolungato ed intenso con l’utilizzo di una grossa motosega provocandogli così gravi danni al cuore».(d.p.)

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