Tercas, salvezza in Abruzzo con le fondazioni e la Caripe

Si profila la nascita di un nuovo istituto bancario: subito 230 milioni da Fondazioni e altri partner, poi accordi finanziari per risanare, infine la fusione con Caripe

TERAMO. Non sarà il Credito Valtellinese di Sondrio a guidare il salvataggio della Tercas. Ieri mattina, con un laconico comunicato di tre righe, Creval ha reso noto che «il consiglio di amministrazione, nella seduta odierna, ha ritenuto che non sussistono i presupposti per avviare trattative finalizzate all’integrazione del gruppo Tercas nel gruppo Creval». Una decisione che non sorprende, e che il Centro aveva anticipato due giorni fa. Questo non significa che il salvataggio di Tercas non ci sarà, e neanche che Creval – che detiene il 7,8% dell’istituto teramano – non farà la sua parte, sia pur piccola, nell’operazione. I valtellinesi in questo momento non hanno la forza per diventare soci di maggioranza in una Tercas piena di problemi, ma come minimo dovrebbero mettere nella ricapitalizzazione i 25 milioni di euro corrispondenti alla loro quota. Anzi, c’è chi scommette che si impegneranno per una quota leggermente superiore all’attuale.

In ogni caso, proprio nel giorno in cui i soci lombardi si smarcano da un ruolo di protagonisti, diventa più chiaro il percorso – quasi tutto abruzzese – che porterebbe Tercas fuori dal commissariamento per poi dar vita a un soggetto nuovo, frutto di una fusione Tercas-Caripe dalla quale nascerebbe Banca dell’Abruzzo. Il percorso è quello avviato dai presidenti delle Fondazioni Tercas, Mario Nuzzo, e Pescarabruzzo, Nicola Mattoscio, insieme al governatore Gianni Chiodi. Alle Fondazioni teramana e pescarese sarebbe pronta ad unirsi l’aquilana Carispaq del presidente Marco Fanfani, mentre Carichieti continua a nicchiare ed è sempre più decisa a restare per conto proprio. Ma, anche senza Carichieti, si va avanti. Il commissario del gruppo Tercas, Riccardo Sora, sarebbe pronto a convocare entro un mese un’assemblea dei soci per deliberare un aumento del capitale sociale da 230 milioni di euro. 100 ce li metterebbe Pescarabruzzo, che assumerebbe così un ruolo dominante, e 50 la Fondazione Tercas. Il resto verrebbe raggranellato tra Carispaq, Creval e altri partner (si parla di gruppi bancari e assicurativi nazionali) per convincere i quali si sta lavorando in modo incessante. Ma per ricapitalizzare Tercas servono almeno 300 milioni: dove trovare quelli che mancano rispetto ai 230 di cui sopra? Qui dovrà essere Bankitalia a dare una mano, permettendo una ricapitalizzazione “a tappe”, in cui Tercas potrebbe emettere obbligazioni per completare l’operazione-rientro. A quel punto, la banca risanata a guida pescarese e teramana diventerebbe un soggetto nuovo: Banca dell’Abruzzo.

Dietro le righe è illuminante la dichiarazione rilasciata ieri al Centro dal governatore Chiodi per spegnere sul nascere ogni allarmismo, dopo che le agenzie e i siti web avevano diffuso la notizia del disimpegno di Creval. «Sono certo», ha detto Chiodi, «che le Fondazioni abruzzesi fossero informate in anticipo dell’esito del cda di Creval e altrettanto certo che, insieme ad altri partner, stiano lavorando a un’altra soluzione per la quale esistono ampie possibilità di successo. Confido che la Banca d’Italia farà di tutto perché Tercas possa restare sul mercato, anche facilitando le operazioni di ricapitalizzazione, magari dilazionate nel tempo attraverso dei “covenant” di natura finanziaria ed economica, così come è stato valutato positivamente per il Monte dei Paschi di Siena».

In finanza con il termine “covenant” si indica un accordo tra un'impresa e i suoi finanziatori, che mira a tutelare questi ultimi dai possibili danni derivanti da una gestione eccessivamente rischiosa dei finanziamenti concessi. Ovviamente, nel caso di Tercas, il via libera e la regia di un’operazione del genere sarebbero di Bankitalia. Sulla scena si muovono presidenti di Fondazioni e politici, ma il vero attore protagonista lavora in silenzio: è l’invisibile commissario Sora. L’ultima parola tocca a lui.

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