Un sogno: diventare cittadini italiani

La famiglia albanese viveva in Abruzzo da 20 anni. I vicini: «Era gente per bene».

MARTINSICURO. «Ho sentito due colpi, come se fossero provocati da un martello. Poi più niente. Lì per lì mi è sembrato un rumore come tanti che in un condominio si sentono spesso e non ci ho fatto caso. Poi ho saputo quello che era successo». E’ attonita e sgomenta la dirimpettaia dei coniugi Koni. Mai avrebbe immaginato che quei colpi, avvertiti nel cuore della notte, provenissero dall’appartamento di Shkelqim e Rudina Koni. «Due brave persone», ripete, «mai un problema, mai un litigio con i vicini». Così da quando, sette anni fa, i coniugi erano ad andati ad abitare in via Segantini.

«Era una famiglia per bene, brava ed apprezzata da noi tutti nel condominio», continua l’inquilina affacciata sul balcone di casa intenta a stendere i panni. La donna indica il terrazzino di casa Koni, situata al primo piano del condominio di via Segantini 16, dove le due stanze da letto e del salone sono oscurate dalle tapparelle abbassate e protette dalle inferriate.
Il primo portone d’ingresso che si incontra facendo appena sei scalini è quello della coppia albanese che sedici anni vive a Villa Rosa di Martinsicuro, sette in via Segantini. Lui lavora come operaio in una ditta di magliette a Corropoli, mentre lei in un’impresa di pulizia all’Iper di Colonnella.

In Abruzzo da 20 anni avevano un sogno: diventare cittadini italiani e per questo avevano già avviato le procedure. «Abitano da anni in questa palazzina», continua a raccontare la vicina, «praticamente da quando ci sono venuta ad abitare pure io. Si sono ben ambientati e quest’appartamento lo hanno acquistato con i sacrifici di una vita». In quella palazzina situata di fronte all’ufficio postale di Villa Rosa vivono otto nuclei, soprattutto famiglie italiane. «Con i Koni abbiamo avuto sempre un rapporto disteso, cordiale e tranquillo e non riusciamo proprio a capire cosa possa essere successo», dicono altri vicini, «siamo addolorati ed il nostro pensiero va a quei bambini». La dirimpettaia è stata l’unica a rispondere. Il citofono degli altri inquilini è rimasto muto. «La gente è al lavoro», dice una passante che vive a poche decine di metri dal luogo del delitto, quando si accorge della presenza dei giornalisti.

E ieri mattina la tranquillità del condominio di via Segantini è stata improvvisamente interrotta dall’arrivo dei carabinieri. «Ci hanno chiesto se abbiamo sentito delle urla, delle voci provenire dall’appartamento dei Koni», dicono alcuni condomini, «ma nessuno ha sentito nulla. Ci siamo svegliati quando abbiamo visto le macchine dei carabinieri. Inizialmente abbiamo pensato ad un malore. Mai e poi mai avremmo immaginato una tragedia di questo genere. La donna non lo meritava. Era una brava ragazza, molto attenta ai figli. Anche lui era una persona molto legata alla famiglia, un ottimo padre. Non possiamo proprio credere a quello che è successo».