Guerra in Regione Abruzzo, D'Alfonso replica ai ribelli: per quei tre ci vuole la psicanalisi

Il presidente della Regione sul documento di Di Matteo, Gerosolimo e Olivieri: "Deciderò servendomi degli strumenti che mi dà l’ordinamento"

PESCARA. «Leggerò parola per parola tutto ciò che dicono perché voglio capire bene il significato di ogni loro singola frase. E mi comporterò di conseguenza attingendo a tutti gli strumenti che mi consente l’ordinamento». Luciano D’Alfonso non lo dice ma lo fa capire fra le righe, nel suo classico modo d’esprimersi, che qualche rischio i tre “consiglieri regionali ribelli” Donato Di Matteo (consigliere e assessore Pd), Andrea Gerosolimo (consigliere e assessore) e Mario Olivieri (consigliere e presidente della commissione Sanità, Abruzzo Civico) lo corrono. «Sapendo che», ci tiene non a caso a sottolineare focalizzando i personaggi, «che sono un componente di giunta di provenienza del Pd e di un componente di giunta della lista civica».

Il governatore, preso dagli impegni a Roma alla vigilia della giornata pescarese di Renzi, lascia intendere che questa volta, dopo l’analogo caso che l’aveva portato a dare la poltrona a Gerosolimo con il mini-rimpasto in giunta, non ci sta a stare sotto schiaffo. Ripetersi che farebbe passare la linea del “ricatto dei tre numeri”, cioé quanto basta per portare in minoranza la maggioranza di centrosinistra in consiglio regionale.

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«Ma noi non chiediamo poltrone, non ci interessano incarichi, vogliamo avere un confronto con D’Alfonso perché finora non ci sentiamo considerato da questa maggioranza né coinvolti in decisioni che vanno invece condivise», ribattono i “tre moschettieri” come loro stessi si autobattezzano ironicamente nel corso di un’affollata conferenza stampa.

Il dado d’altra parte l’avevano lanciato il giorno prima consegnando la piattaforma-ultimatum (vedere tabella a destra) sulla quale elencano le condizioni per continuare a sostenere la maggioranza. «Collegialità, riequilibrio tra zone interne e costa, servizi sanitari adeguati per tutti, riprogrammazione e riposizionamento», ripetono uno alla volta. Una ferma richiesta di rettifica all'attuale linea politica della Regione. E aggiungono: «Non siamo tre pazzi e non vogliamo le risposte tipo “che ti serve?”». «Dopo due anni e mezzo c'è stato un miglioramento in termini di efficienza ed efficacia?», incalza Di Matteo, il più sofferente dei tre: «Riteniamo importante ridefinire i ruoli di assessori, consiglieri e presidenti di Commissione perché la politica sta cambiando. Chiediamo risposte concrete, altrimenti possiamo andare a casa».

Frase che innesca la più naturale delle domande: vi dimettete? «No, ma non voteremo delibere imposte come al solito dall’alto».

Niente dimissioni da assessori e niente voto. E siccome in giunta è imminente il passaggio della delibera sui nuovi cinque ospedali regionali è meglio precisare: «Non la votiamo perché non ne sappiamo nulla».

«Coinvolgimento? Collegialità? Credo che molto dipenda dalla quantità del lavoro che ognuno riesce a mettere», commenta D’Alfonso in questo faccia a faccia a distanza, «personalmente proverò a ridurmelo per poter aumentare quello degli altri. Dopodiché ci sarà l’ultima fase di ascolto, ma anche una decisione».

Ma lei, governatore, che valutazione dà ai tre consiglieri ribelli? «Venerdì (domani) li incontrerò in occasione della visita del ministro Delrio in Val di Sangro e Sulmona. Mi porterò dietro due copie del libro sul complesso di Telemaco dello psicanalista Massimo Recalcati, sul tema di chi c’era prima e chi viene dopo e che molte volte è anche il tema della politica. Questo per dire che la psicanalisi serve anche in politica, ma io sono pronto a occuparmi anche di questo. Per arrivare a una decisione finale».

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