Abruzzo

La crisi economica fa calare anche i divorzi

Le separazioni costano caro e diminuiscono i casi discussi in tribunale. Da novembre procedure semplificate in municipio

PESCARA. La crisi tiene unite le famiglie. A volte per scelta, altre per necessità. Perché separarsi e divorziare può essere molto costoso. Soprattutto per i mariti. Nel 2012 (ultimo dato Istat disponibile) le separazioni in Abruzzo sono state 1.995 e i divorzi 968, entrambi in calo rispetto all'anno precedente (quando erano stati rispettivamente 2.039 e 1.049).

I dati Istat attestano un'inversione di tendenza rispetto al 2011. Le cause sono da individuarsi nella diminuzione dei matrimoni e nella crisi economica. Sono, infatti, sempre più frequenti i casi di persone che decidono di rinunciare a separarsi una volta informate sulle conseguenze economiche che la separazione comporta, ad esempio in tema di mantenimento dell'altro coniuge o di assegnazione della casa.

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Diversa è la questione delle spese legali, perché con la riforma approvata a novembre 2014 è possibile separarsi e divorziare consensualmente senza andare in tribunale, avvalendosi dell'assistenza dei soli avvocati o, in alcuni casi, davanti all'ufficiale dello stato civile. «La riforma prevede la possibilità di avvalersi della negoziazione assistita da avvocati per arrivare a una soluzione consensuale di separazione o di divorzio nonché di modifica delle condizioni dei medesimi» spiega l'avvocato Roberto De Luca. «L'accordo viene trasmesso dagli avvocati al Procuratore della Repubblica il quale, quando non ravvisa irregolarità, concede il nullaosta; in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, qualora il pm ritenga l'accordo rispondente all'interesse dei figli, lo autorizza, in caso contrario lo trasmette al Presidente del Tribunale che fissa la comparizione dei coniugi. L'accordo è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione e divorzio».

La riforma prevede anche che i coniugi possono concludere innanzi al sindaco quale ufficiale dello stato civile, con l'assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione o di divorzio. E' previsto un doppio passaggio a distanza di 30 giorni. «Questa procedura è possibile solo quando non vi sono figli minori o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti e a condizione che l'accordo non contenga patti di trasferimento patrimoniale», spiega De Luca.

I dati attestano che le separazioni sono il doppio dei divorzi. Questo perché non tutte le separazioni sono seguite dai divorzi. Secondo l'avvocato civilista Daniela D'Amato «con la separazione i coniugi non pongono fine al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti nell'attesa o di una riconciliazione o del divorzio. Solo con quest'ultimo viene pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio».

La crisi coniugale interviene in media dopo 16 anni di matrimonio e colpisce principalmente i quarantenni. La crisi coniugale interviene tra i 40 e i 44 anni per le mogli, per i mariti tra i 45 e i 49 anni.

La tipologia di procedimento scelta in prevalenza è quella consensuale, l'84,5% delle separazioni e il 71,8% dei divorzi. La durata media di un procedimento di separazione consensuale è di 166 giorni a fronte di 626 giorni per quello giudiziale. Analoghi dati per il divorzio: 225 giorni per quello a domanda congiunta e 688 per quello giudiziale. «Un procedimento consensuale è da preferirsi sia sotto il profilo dei rapporti personali che per quanto attiene i risvolti economici ed i costi della procedura quando dall'esame degli elementi forniti dai coniugi non si rilevano motivi validi che impediscano di pervenire a questa soluzione» sostiene l'avvocato D'Amato.

Per quanto riguarda i figli, nel 2012 le separazioni con figli in affido condiviso sono state l'89,4% contro il 9,4% con affido esclusivo alla madre. L'affidamento al padre è su livelli molto bassi. Nel divorzio l'affido alla madre riguarda il 27,2% dei casi mentre l'affido condiviso il 70,4%. «Il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori e, soltanto come eccezione, ad uno di essi» spiega la D'Amato. «Infatti anche in caso di separazione o divorzio il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo». L’assegno di mantenimento del coniuge è previsto in una separazione su cinque (quasi sempre è corrisposto dal marito). Nei divorzi diminuiscono i casi in cui è prevista questa corresponsione, 11,3%. (cr.re.)