La Costa Concordia dopo l'incidente all'Isola del Giglio

Concordia, la Cassazione conferma: 16 anni a Schettino

Il comandante dell'ammiraglia della Costa affondata il 13 gennaio 2012 vicino all'Isola del Giglio (bilancio 32 morti) si è già consegnato al carcere di Rebibbia

ROMA. Per il naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012 vicino all'Isola del Giglio con un bilancio di 32 morti, la Corte di Cassazione ha condannato l'ex comandante Francesco Schettino a 16 anni di reclusione. La sentenza conferma la precedente condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Firenze nel maggio del 2016, che diventa così definitiva e Schettino dovrà scontare la pena, tanto che si è già costituito spontaneamente nel carcere romano di Rebibbia. Per prescrizione sono stati eliminati invece due mesi di arresto per delitti contravvenzionali. E' stato respinto, inoltre, il ricorso del pg di Firenze che chiedeva per l'imputato una pena pià alta.

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La sentenza chiude definitivamente la vicenda giudiziaria legata alla tragedia consumatasi al largo dell’Isola del Giglio in una fredda notte di gennaio di cinque anni fa. E’ arrivata al termine di un’udienza nervosa, chiusa dall’arringa dell’avvocato difensore di Schettino, Saverio Senese, che ha insistito sull’ipotesi di un «sabotaggio» ai danni del comandante a bordo, dove «qualcuno aveva manomesso l'ecoscandaglio, elementi del radar e l'allarme visivo». Senese ha ammesso che «Schettino quella sera voleva effettivamente fare l' “inchino” all'isola del Giglio per fare un piacere al maitre Tievoli, ma non voleva andare così vicino all'isola e quando vide la schiuma degli scogli diede ordine al timoniere che commise ben otto errori». L’avvocato ha anche denunciato «indizi convergenti di un complotto degli ufficiali ai danni di Schettino al quale omisero di dire che la nave era fuori rotta quando lui prese il comando di notte al buio, in un punto imprecisato di una rotta imprecisata». Il presidente della IV Sezione penale Vincenzo Romis ha quindi dichiarato chiusa l'udienza, senza dare indicazioni sull'ora della decisione, arrivata poi in serata. In attesa della sentenza, Schettino - che da giorni non si faceva vedere nel suo paese, Meta di Sorrento, per sfuggire ai media - era già andato davanti al nuovo complesso del carcere di Rebibbia, a Roma, dove ha bussato al portone subito dopo che il suo avvocato lo ha informato della conferma della condanna. «Sono Francesco Schettino. Sono qui per costituirmi spontaneamente, fatevi mandare l'ordine di carcerazione. Busso in carcere per costituirmi perché credo nella giustizia», ha detto alle guardie, secondo quanto riferisce lo stesso Senese che spiega: «Voleva evitare la mortificazione di vedersi con le manette ai polsi. E quindi ha scelto di costituirsi spontaneamente per evitare l'ennesima gogna mediatica». L’avvocato però non si rassegna e annuncia ancora battaglia: «Aspettiamo le motivazioni della sentenza della Cassazione ma sono una persona che non si dà per vinta e ritengo che nel processo a Schettino ci siano state una serie di violazioni dei diritti di difesa dell'imputato e faremo ricorso alla Corte di Strasburgo». Schettino, aggiunge, «riconosce di essere il responsabile ma non colpevole perché sulla Concordia