PALLA AL CENTRO

Covid e guerra: diminuisce la voglia di calcio

La storia insegna che i grandi traumi sono destinati a cambiare il corso degli eventi. E’ inevitabile, anche nello sport. Soprattutto nel calcio che non può non risentire prima del Covid e poi della guerra provocata dall’invasione della Russia in Ucraina.  C’è sempre meno gente allo stadio. E non c’entrano le limitazioni per fronteggiare la pandemia. O quantomeno incidono relativamente. Anche perché c’è sempre meno gente che vede le partite anche davanti alla televisione. Ci sono i dati ufficiali a confermarlo. E’ come se in questi due anni avessimo perso il gusto di seguire il calcio, lo sport più amato in Italia. E’ come se fosse diventato un qualcosa di cui poter fare a meno come ce ne sono state tante di rinunce ben più dolorose.

E così quando i cancelli degli impianti sono stati riaperti e le restrizioni sono venute meno, ecco che ci siamo abituati a non frequentare più gli stadi o i palazzetti. E non ne avvertiamo la mancanza.  Abbiamo preso coscienza che ne possiamo fare a meno. Sono altre le rinunce che ci pesano. Metti anche il passaggio dell’esclusiva della serie A da Sky a Dazn e il quadro è completo. Più costi, più fastidio nell’organizzarsi con abbonamenti e telecomando. E così ci attrezziamo solo per i grandi eventi. Chessò la Champions, gli scontri diretti di alta classifica in serie A o la Nazionale. A risentire di questa disaffezione inconscia è soprattutto il calcio cosiddetto minore. Anche a livello  professionistico.

La speranza è che sia uno stato d’animo o un sentimento passeggero. Ma potrebbe non essere così.  Tanto più che ci si è messa anche la guerra a intralciare i nostri pensieri e a costringerci a rinunciare allo svago perché nel mondo si muore. L’aspetto psicologico si abbina a un’esigenza montante. Sta di fatto che gli stadi, anche in prossimità al ritorno del 100% della capienza, faticano a riempirsi. Sono soprattutto i bambini  e gli adolescenti a fare i conti con una disaffezione che è palpabile, sia a livello di pratica sportiva che di tifo. A ruota, ovviamente, seguono anche i meno giovani. Il calcio, con la conseguente presenza sugli spalti, era un bene che ritenevamo indispensabile. Invece no. Lo show è stato prima bloccato e poi riavviato a porte chiuse. In questo lasso di tempo la voglia anziché aumentare è diminuita. E adesso c’è anche la guerra che da incubo è diventata  realtà.  Così le priorità sono cambiate e lo sport è scivolato nelle nostre gerarchie. Anche davanti alla tv.