Addio Villaggio, la faccia amara della comicità 

È morto all’età di 84 anni l’attore che inventò il personaggio di Fantozzi. Nel 2008 a Pescara il Premio Flaiano per la satira

ROMA. «Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare». Con questo messaggio postato sulla sua pagina facebook la figlia di Paolo Villaggio, Elisabetta, ha dato la notizia, ieri mattina, della morte del grande attore e scrittore che avrebbe compiuto 85 anni il prossimo 30 dicembre. Da alcuni giorni, Villaggio, nato a Genova, era ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma dove si è spento per complicanze del diabete. Sarà allestita probabilmente domani mattina in Campidoglio la camera ardente di Paolo Villaggio. A seguire dovrebbe esserci una cerimonia laica, nel pomeriggio o la sera, alla Casa del Cinema di Roma.

Quante facce o quante maschere ha indossato Villaggio nella sua vita da perenne ragazzo ed eterno scontento. Era nato il 30 dicembre 1932 da padre siciliano e madre veneziana, ma ligure fino al midollo nel suo mix di cinismo e romanticismo anarcoide. Dall'adolescenza emergono invece i ricordi di una giovinezza matta e spensieratissima, tra sbadati studi in legge, incursioni nel cabaret e nel teatro amatoriale, lunghe vacanze con gli amici, primo fra tutti con Fabrizio De André che lo spinse anche a suonare e cantare. Del resto il suo esordio nel mondo dello spettacolo coincide con il testo della ballata «Re Carlo tornava dalla guerra» che fece notare De André anche per l'accusa di turpiloquio scagliata da un procuratore siciliano.

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Da qui alla notorietà il salto alla fine si rivelerà breve, sia grazie alle buone compagnie frequentate al «Derby» di Milano, sia per merito di Maurizio Costanzo che lo porta a Roma, lo fa debuttare a teatro, lo impone alla radio. Da lì, complice il desiderio di rinnovamento della tv di stato, Villaggio scala in fretta i gradini della celebrità: «Quelli della domenica» (dove debuttano il Professor Kranz e il nevrotico Fracchia), «Canzonissima», «Gran Varietà» alla radio. Saranno gli anni '70 a far passare Villaggio alla storia: prima con l'invenzione letteraria del ragionier Ugo Fantozzi (un travolgente successo in libreria) e poi con la sua versione cinematografica che si concretizza nel 1974 per la regia di Luciano Salce e la produzione Rizzoli. Saranno alla fine 10 i capitoli della saga che porteranno il Ragioniere fino in Paradiso e oltre. La sua comicità mischia ironia surreale e satira reale in un costante passare da Cechov alle comiche del muto.

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Se ne accorgeranno tardivamente i critici, ma non saranno in ritardo Federico Fellini che gli dedicherà il suo ultimo film, «La voce della luna» in coppia con Benigni, Giorgio Strehler che lo porta a teatro con «L'avaro», Ermanno Olmi («La leggenda del bosco vecchio» da Buzzati), Lina Wertmuller («Io speriamo che me la cavo»), il veterano Monicelli («Cari fottutissimi amici»), Gabriele Salvatores («Denti»). Nella vita artistica non gli sono però mancati gli onori: nel 1992 un inatteso e rivoluzionario Leone d'oro alla carriera (il primo mai dato a un comico); due anni prima il David di Donatello come miglior attore (ne avrebbe vinto un secondo alla carriera nel 2009). Nel 2008, a Pescara, il Premio Flaiano per la satira: un premio a uno scrittore che ha venduto copie come pochi nella storia letteraria d’Italia.
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