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Don Elvis si difende: «Non ho mai preteso soldi»

Indagine sui lavori in chiesa, il prete-cantante respinge le accuse: «Il whatsapp? Ditta invitata a rispettare il contratto»

OVINDOLI. Nessuna richiesta di denaro alla ditta, se non per quello ceduto dal presidente dell’aggregato (don Giuseppe Ermili) per la realizzazione di un bagno e dell’impianto di riscaldamento della chiesa. È questa la posizione di don Antoniu Petrescu, finito nei guai dopo una querela della ditta appaltatrice dei lavori di ristrutturazione nella chiesa parrocchiale di Ovindoli. Don Antonio, meglio conosciuto come don Elvis per la sua attività artistica e musicale ispirata a Elvis Presley, ha sostenuto, tramite il suo legale Alfredo Iacone, di avere già da tempo consegnato le chiavi della chiesa all’impresa per il completamento dei lavori. Il sacerdote, che ha sottolineato di non aver ricevuto alcuna comunicazione sulle indagini, è stato accusato di aver chiesto tramite whatsapp una percentuale sui lavori della chiesa in cambio della restituzione delle chiavi per proseguire i lavori. Lui si difende.

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«Il 26 giugno», spiega don Antoniu, «mi è stata recapitata una nota con la disponibilità della somma a cui aveva rinunciato il presidente dell’aggregato per la ricostruzione, don Giuseppe Ermili». Si tratterebbe, quindi, proprio della somma richiesta di conseguenza alla ditta. Fondi pari a 21mila euro riguardo a cui don Giuseppe ha dichiarato di rinunciare, sin dall’inizio, a favore della chiesa di Ovindoli. «Di seguito don Antonio», afferma l’avvocato Iacone, «in qualità di parroco della chiesa, ha chiesto che l’importo venisse consegnato alla parrocchia per la realizzazione di un bagno e di un impianto di riscaldamento per la chiesa».

«Nel contratto dei lavori divenuto pubblico solo in seguito alle mie sollecitazioni», afferma don Elvis sulla sua pagina Facebook, «c’è la parte del 2 per cento che dovrebbe essere versata alla parrocchia e la ditta non ha ancora provveduto. Li ho contattati successivamente tramite whatsapp invitandoli a rispettare il contratto versando alla parrocchia quello che le spetta di diritto. Soldi con i quali avremmo provveduto alla realizzazione di un bagno e possibilmente a sistemare l'impianto di riscaldamento della chiesa, visto che i miei richiami sono stati ignorati. Ora da qui ad affermare che ho preteso dei soldi ce ne vuole. Sono sereno», conclude, «e presto si farà chiarezza, per l’ennesima volta».

Pietro Guida

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