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Baker Hughes licenzia, 98 dipendenti rischiano

L’azienda del settore petrolifero di Villanova interrompe la cassa integrazione. Ora i sindacati sperano nell’intervento della Regione, oggi intanto c’è lo sciopero

PESCARA. Potrebbero scattare questa settimana i 98 licenziamenti annunciati come una doccia fredda qualche giorno fa dalla Baker Hughes che non intende portare più avanti la cassa integrazione. Ma prima che accada il peggio i sindacati hanno deciso di salire sulle barricare, proclamando una gionata di sciopero di tutti i dipendenti e in tutti i luoghi di lavoro che fanno capo alla sede di Villanova di Cepagatti, che conta complessivamente 178 addetti.

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I lavoratori e i rappresentanti di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil si ritroveranno davanti ai cancelli della multinazionale, a pochi passi dal casello autostradale di Villanova (dalle 8), per far capire al management che non hanno intenzione di accettare il piano delineato il 17 agosto a Roma davanti ai rappresentanti del ministero, già respinto in quella sede. La Baker Hughes, che presta servizi per le grandi aziende petrolifere nel campo dell'attività estrattiva, ha spiegato ai componenti del tavolo romano che «non ha intenzione di usufruire della cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione, perché mancherebbero i presupposti tecnici, e di voler procedere a licenziamenti collettivi. Noi riteniamo», spiega Carlo Petaccia in rappresentanza della Cgil, «che siano state accampate delle scuse per non ricorrere alla cassa integrazione e anche il ministero ha chiesto di riflettere una settimana prima di intraprendere la strada dei licenziamenti, per cui ci vedremo giovedì in Confindustria ma nel frattempo abbiano deciso di scendere in piazza. Abbiamo anche scritto alla Regione e ci auguriamo che intevergano i committenti della Baker Hughes, prima tra tutte l'Eni». Petaccia è convinto che ci siano tutti i presupposti per evitare il taglio dei posti di lavoro, in questo settore. «È vero che c'è stata una crisi generale e che l'attività è ridotta ma il settore sta ripartendo per cui si potrebbe continuare a far ricorso agli ammortizzatori, come è stato fatto per un anno, e attendere la ripresa. Eravamo certi che un accordo in tal senso si potesse raggiungere ma con il cambio del management è saltato tutto per cui 98 persone (di cui due su Milano), che vivono tra la zona di Pescara e Ortona e occupano profili professionali alti, rischiano di perdere il posto».

Proclamando lo stato di agitazione, i sindacati hanno annunciato non solo lo sciopero ma anche il blocco delle attività straordinarie con la disdetta di tutti gli accordi di secondo livello, sia sul fronte economico che normativo, e in materia di orario di lavoro.

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