Calice rotto, il Comune chiede 2 milioni

A novembre la causa con la Clax, anche la banca Caripe vuole i danni dall'azienda

PESCARA. «Errata tecnica costruttiva, cattiva qualità dei materiali impiegati». Il destino del calice di Toyo Ito, l'opera andata in frantumi a 64 giorni dal taglio del nastro, sarebbe stato segnato già durante la sua realizzazione. Un difetto all'origine che ha convinto il Comune di Pescara a citare in giudizio la Clax Italia, l'azienda di Pomezia che ha costruito l'opera, e a chiedere un risarcimento per danni d'immagine di 2 milioni e 100 mila euro da dividere tra i proprietari dell'opera, il Comune di Pescara per l'80 per cento e la banca Caripe per il 20 per cento.

L'atto di dieci pagine è stato depositato dagli avvocati Augusto La Morgia, Paola Di Marco e Carlo Montanino e la prima udienza della causa contro la Clax è stata fissata l'8 novembre di fronte al giudice Marco Bortone.

I QUESITI DEL GIUDICE.
A ricercare le cause della rottura è stato il perito del tribunale, l'architetto Domenico Lucarelli incaricato dal giudice di analizzare perché il calice si è rotto e di rispondere, a partire dal luglio 2009, a due domande: «Descriva il perito le condizioni in cui si presenta attualmente il monumento e valuti le cause del cedimento strutturale e i danni conseguenti indicando se gli eventuali vizi e le difformità riscontrati siano eliminabili, con quale costo e con quale incidenza proporzionale sul prezzo convenuto, ovvero se l'opera realizzata risulti assolutamente inadatta alla sua destinazione; accerti se l'opera risulti realizzata in conformità del progetto e alle indicazioni fornite dal committente, dal direttore dei lavori e dal progettista».

Dopo l'accertamento tecnico condotto anche con l'ausilio di prove di laboratorio eseguite dall'università di Salerno, Lucarelli ha stilato una relazione che scarica ogni responsabilità sull'azienda che ha costruito l'opera inaugurata in piazza Salotto il 14 dicembre 2008 dall'ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso.

CHIMICA ALTERATA.
Il calice di Toyo Ito è un parallelepipedo alto 5 metri con la sagoma colorata di un bicchiere di vino realizzato nell'innovativo materiale di polimetilmetacrilato.
Perché si è rotto? «Le cause del cedimento strutturale consistono nell'inadeguato e incompleto ciclo di lavorazione della ditta Clax Italia», scrive Lucarelli, «che ha prodotto un manufatto solo parzialmente polimerizzato, con presenza di monomero non completamente "cristallizzato", a cui è seguito il degrado chimico-fisico delle sue caratteristiche. I vizi e le difformità non sono eliminabili».

Il calice frantumato di piazza Salotto, quindi, per il perito non può essere riparato. «L'opera», prosegue rispondendo all'ultimo quesito del giudice, «risulta assolutamente inadatta alla sua destinazione. Il progetto e le indicazioni correttamente fornite dal committente, dal direttore e dal progettista prescindono dal ciclo di lavorazione di esclusiva competenza della Clax Italia e si è rivelato inadeguato e incompleto».

VERSO L'UDIENZA.
A lungo, quel calice rotto è rimasto sotto gli occhi dei cittadini nella piazza principale della città imbragato in un'armatura: specchio della sfortuna e anche del contrasto politico tra chi ha voluto quell'opera, l'amministrazione di centrosinistra di D'Alfonso, e chi si è ritrovato quel fardello, l'amministrazione di centrodestra di Luigi Albore Mascia. E' stato il sindaco, il 14 maggio scorso, a far calare il sipario sull'opera del maestro giapponese oscurando il calice frantumato con uno scheletro su cui sono stati montati 12 pannelli che illustrano le opere manifesto della giunta di Mascia. «Un'opera che non rappresenta Pescara», ha sempre detto il sindaco Mascia che, adesso, chiede all'azienda di Pomezia un risarcimento a causa di un «danno all'immagine e alla reputazione sociale degli enti che hanno promosso la realizzazione del monumento e ne hanno acquistato la proprietà». Così, il Comune chiede alla Clax 2 milioni e 100 mila euro da dividere anche con la banca Caripe, proprietaria al 20 per cento dell'opera.

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