Calice, un anno senza veritàSONDAGGIO Cosa fare dell'opera?

Tre inchieste, ancora sconosciute le cause del crollo

PESCARA. Una fontana con giochi d’acqua e di luce, le storiche magnolie con le radici di nuovo affondate sotto la superficie, panchine «più accoglienti». Un anno dopo il cedimento improvviso dello Hoge Wine Glass, il destino del Calice di Toyo Ito - l’opera fragile durata appena 64 gioni - è segnato.

L’amministrazione ha già deciso che piazza Salotto dovrà essere ridisegnata, con più verde e meno pretese artistiche, sebbene a lungo, da quel 16 febbraio di un anno fa, si sia ipotizzato che al posto dell’installazione dell’architetto giapponese, ridotta a un rudere contemporaneo, possa essere collocata una scultura di Pietro Cascella.

IL SONDAGGIO
Cosa fare dell'opera?

A frenare il progetto della giunta di Luigi Albore Mascia (sul quale però alcuni alleati sono scettici e parlano di «iniziative premature») ci sono però gli strascichi giudiziari: due inchieste penali e un procedimento civile decideranno se esistano responsabilità nella realizzazione prima e nella rottura poi del Calice, e chi dovrà assumersi l’onere delle spese per la fine ingloriosa dell’opera, andata in frantumi alle 14.25 di un gelido lunedì, sotto gli occhi increduli dei passanti.

LA COMMEMORAZIONE
Per ricordare quel momento, alle 18 di oggi l’associazione Terra Nostra accenderà un lumino ai bordi della struttura di plastica. «In attesa che vengano chiarite le vicende giudiziare» dice il presidente Gianluca Monaco, «chiediamo all’amministrazione di lasciare l’opera così come si trova, blindata nella sua imbracatura come fosse un sarcofago, che custodisce lo “scheletro” di un’operazione artistica “finanziario-creativa” che vede, in lascito alla cittadinanza e al principale benefattore, operare il cementificio per altri 15 anni sul territorio comunale a discapito della tanto sbandierata difesa della salute pubblica e lotta al’inquinamento».

LE PRIME VERITÀ
I primi nodi sulle ragioni che hanno portato al cedimento del Calice saranno sciolti all’inizio di marzo. Tra due settimane, infatti, il perito incaricato dal tribunale, Domenico Lucarelli, consegnerà al giudice civile Marco Bortone le sue controdeduzioni ai rilievi della Clax Italia, l’impresa che ha realizzato la scultura: le osservazioni seguono la relazione preliminare che Lucarelli ha depositato all’inizio di febbraio nell’ambito del contenzioso tra l’azienda di Pomezia e il Comune. Tecnicamente, la causa non c’è ancora. Si tratta di un accertamento tecnico preventivo (Atp) che consente di anticipare le perizie i cui esiti potrebbero in futuro confluire nel procedimento civile. Con tutti gli elementi sul tavolo, il giudice Bortone potrà decidere se eseguire o meno le analisi di laboratorio che, secondo il perito, sono indispensabili per determinare le cause della rottura: il sospetto è che il cedimento possa essere stato determinato da errori nel procedimento industriale, ovvero nella fase di passaggio del materiale - il polimetilmetacrilato - dallo stato liquido a quello cristallino.

Per la Clax, le cause interne vanno escluse: secondo le conclusioni dell’impresa, lo Huge Wine Glass si sarebbe spaccato per una violenta escursione termica o perché colpito dai vandali. Ipotesi che però lasciano scettico il perito, secondo il quale il materiale - se l’opera fosse stata realizzata in modo adeguato - avrebbe dovuto resistere a una escursione termica di 110º C, rispetto ai 57-58º rilevati nelle ore del cedimento.
Se Bortone riterrà determinanti le analisi, gli accertamenti saranno affidati alla facoltà di Chimica dell’università di Salerno, specializzata in Chimica dei polimeri, dove esiste uno dei pochissimi laboratori in Italia in grado di eseguire i test sui campioni di materiale, prelevati con micro-carotaggi simili a scalfiture. Per avere i risultati saranno necessari 30 giorni, il costo preventivato è di 16-18 mila euro, che sarà accollato a chi sarà ritenuto responsabile del cedimento. Prima di procedere alla rimozione dell’opera, dunque, il Comune dovrà attendere la decisione del magistrato.

LE INCHIESTE PENALI
Con i primi esiti della perizia civile, arriverà però a inizio marzo anche la perizia richiesta dal pm Paolo Pompa nell’ambito dell’inchiesta sul Calice in cui è indagato l’ex sindaco Luciano D’Alfonso. Nella prima fase dell’indagine, condotta dalla squadra Mobile, con D’Alfonso erano sotto inchiesta tre dirigenti comunali, tra cui l’ex braccio destro Guido Dezio. Le ipotesi di reato sarebbero truffa e falso ai danni dell’amministrazione, che si sarebbero concretizzati gonfiando il valore della scultura o avallando la costruzione di un’opera destinata a una rapida fine. Secondo gli inquirenti, infatti, il Comune avrebbe potuto essere al corrente di eventuali difetti progettuali o di realizzazione.

I QUESITI DELLA PROCURA
Al perito (ancora Lucarelli), il pm ha formulato una serie di quesiti: il principale riguarda la congruità del prezzo pagato per il Calice, 1,1 milione di euro corrisposti dai due «mecenati» individuati da D’Alfonso: Banca Caripe (250 mila euro) e la società Lafarge Adriasebina (840 mila euro), all’epoca titolare del cementificio di via Raiale. La procura, inoltre, vuole sapere se fosse possibile prevedere il cedimento dell’opera, considerate anche le numerose difficoltà incontrate nella fase di produzione. Un mese dopo il cedimento, tuttavia, lo Huge Wine Glass finisce in un’altra inchiesta: con l’avviso di conclusione delle indagini per il filone dei lavori pubblici, il pm Gennaro Varone formalizza le accuse di truffa e falso nei confronti di D’Alfonso, Dezio e del dirigente Vincenzo Cirone: avrebbero disposto il pagamento a Toyo Ito di 65 mila euro, poi aumentati a 72 mila euro, per una serie di incontri divulgativi sull’arte coi cittadini, dibattiti che «si sapeva non ci sarebbero mai stati».