Hotel Rigopiano: l’arrivo della valanga nei racconti dei sopravvissuti

I superstiti ascoltati come testimoni da carabinieri e forestali: sbalzati come in un’esplosione

PESCARA. C’è chi ha parlato di «un’esplosione, un boato, come una bomba»; chi ha sentito «il rumore forte dei rami che si rompono»; chi si è sentito addosso «un vento freddissimo all’improvviso» e poi è stato sbalzato «dall’altra parte della stanza». È il momento della valanga raccontato dai sopravvissuti dell’Hotel Rigopiano, l’albergo ridotto a neve e macerie con un bilancio di 29 morti e 11 miracolati. Racconti affidati ai carabinieri e agli agenti della forestale di Pescara che hanno chiamato i sopravvissuti per sapere, attraverso la loro voce e i loro ricordi, quello che è accaduto nel resort prima della slavina del 18 gennaio scorso. E quelle testimonianze sono uno dei pilastri dell’inchiesta per omicidio plurimo colposo e disastro colposo, coordinata dal procuratore capo Cristina Tedeschini e dal pm Andrea Papalia.

Miracolati e testimoni. Degli 11 scampati alla tragedia, 4 sono bambini e non saranno sentiti. Finora, sono state ascoltate 6 persone e all’appello ne manca solo una, il manutentore dell’albergo Fabio Salzetta che, sotto la neve e le macerie, ha perso la sorella Linda. Salzetta sarà ascoltato nei prossimi giorni. Durante la valanga, Salzetta si trovava in un locale di servizio: come riferito dagli altri testimoni, non avrebbe visto niente ma avrebbe sentito un rumore simile a quello della neve che scivola giù dal tetto; poi, Salzetta ha spaccato una porta per uscire e ha aspettato, fino alla mattina del 19, i soccorritori che l’hanno salvato prima di morire di freddo insieme al cuoco Giampiero Parete, il primo a dare l’allarme alle 17,08.

Neve, scosse e paura. I racconti dei testimoni convergono su un punto: dopo le scosse di terremoto della mattina, ansia e paura hanno preso il sopravvento e tutti avrebbero voluto lasciare l’hotel. «Avevamo paura per il terremoto e ce ne volevamo andare». I responsabili dell’albergo hanno sgombrato il piazzale dalla neve: «Eravamo pronti ad andare via con le macchine già in fila». Ma gli ospiti si sono trovati davanti un muro di neve alto circa due metri. Verso l’ora di pranzo, così hanno raccontato, «tutti stavamo aspettando lo spazzaneve». Proprio come accaduto anche il giorno prima, il 17, quando la strada era stata pulita intorno alle 13,20.

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In attesa dello spazzaneve. Ma il 18 non è successo: lo spazzaneve atteso non è arrivato. E agli inquirenti risulta che un mezzo della Provincia di Pescara ha tentato di spalare la neve lungo la strada che da Farindola sale fino a Rigopiano ma non ci è riuscito: troppa neve caduta nella notte e pulizia cominciata troppo tardi. Sugli 8 chilometri tra località Mirri di Farindola e il resort sarebbe servita una turbina. Ma la turbina della Provincia dedicata proprio a Rigopiano è rotta dal 6 gennaio scorso ed è ancora in officina. Quindi, i sopravvissuti hanno riferito agli inquirenti di essere rimasti «bloccati in albergo» in attesa dello spazzaneve mai arrivato: «Volevamo andarcene e avevamo già messo le valigie nelle macchine ma non ce l’abbiamo fatta», hanno detto i testimoni, «c’era troppa neve».

Conferma via mail. È lo stesso spazzaneve richiesto anche dall’amministratore dell’albergo Bruno Di Tommaso con una mail spedita alle 13,57 a Provincia e Regione. Una mail già sequestrata e che conferma i racconti dei miracolati: «I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino all ss 42».

Tutti dentro. Senza spazzaneve, tutti sono tornati dentro l’albergo: 17 persone tra il bar e la hall, altri 10 nelle cucine e tutti gli altri nella sala biliardo e nella sala del camino. Fino a quando, intorno alle 17, una valanga dal fronte di circa 300 metri ha scagliato contro l’hotel una potenza da 120 mila tonnellate di neve, alberi e rocce. Tra morire e salvarsi, è stata una questione di pochi metri.

«Poi, la bomba». «È stata una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso. In un attimo eravamo in un metro quadrato», queste sono le parole di Vincenzo Forti, 25 anni di Giulianova, che era insieme alla fidanzata, Giorgia Galassi, 22 anni. Accanto a loro c’erano anche Francesca Bronzi, 25enne di Pescara, e Gianpaolo Matrone, 33enne di Roma. La moglie di Matrone, Valentina Cicioni, 32 anni, e il fidanzato di Francesca, Stefano Feniello, 28 anni, sono tra le vittime.

«Sbalzati di metri». «Eravamo nella sala camino a prendere il tè», ha detto Giorgia, «improvvisamente siamo stati sbalzati dall’altra parte della stanza. Ci siamo ritrovati stretti come in una scatola. Tutto attorno c’erano muri di neve. Riuscivamo a muovere braccia e gambe, ma non a spostarci dal punto in cui ci trovavamo. Il silenzio era totale, non abbiamo sentito l’arrivo dei soccorritori, ma solo il rumore degli elicotteri, in un secondo momento. Eravamo convinti che qualcuno sarebbe venuto a liberarci».

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