L’OPERA-SIMBOLO Visca: la responsabilità è tutta di Toyo Ito Schirato unico controcorrente: il bicchiere va tolto

«Il Calice dev’essere restaurato»

Artisti, imprenditori e docenti in coro: «La città non paghi i danni»

PESCARA. Restaurato o lasciato al suo destino. Ma resti dov’è collocato - a piazza Salotto - perché così ha voluto la città. Parola di artisti, imprenditori e docenti pescaresi. Il Calice di luce, come lo pensava Toyo Ito, deve sopravvivere, anche se trasformato, sgarbato, frantumato.
Che si tratti di escursioni termiche, reazioni chimiche o vandali, l’architetto giapponese non può restare indifferente al crollo di un’opera da 1,1 milioni di euro, avvenuto il 16 febbraio 2009 a 64 giorni dall’inaugurazione. Sandro Visca, professore del liceo artistico e insegnante di Andrea Pazienza, lo inchioda alle sue responsabilità.

«La rottura del Calice», dice, «è una cosa molto incresciosa, che non si può accettare. Un professionista che gestisce gli artigiani che producono una sua opera, non si può prendere il lusso di creare un incidente del genere, oltretutto a quei costi. Non voglio entrare nel merito della qualità dell’opera né se sia stato giusto realizzarla, ma se un’amministrazione mi affida un’opera e dopo pochi giorni questa si autodistrugge, sono io il responsabile di questo inconveniente. E’ gravissimo quanto accaduto».

Restituire dignità all’Huge Wine Glass è l’obiettivo anche della gallerista Benedetta Spalletti: «Mi pare assurdo che venga lasciato in queste condizioni di incompletezza per così tanto tempo, visto che si tratta di un lavoro desiderato dalla città. Sarebbe anche un segno di rispetto verso Toyo Ito che venisse rimesso nelle condizioni migliori e ripresentato ai cittadini nella maniera giusta. Credo che non sia giusto volere una cosa e poi sostituirla al minimo problema. Nell’arte e nell’architettura esiste un amore che deve durare sempre e preservare quanto abbiamo voluto».

Sulla stessa linea l’imprenditore Antonio Olivieri, proprietario del Carlton: «Io provvederei a far sistemare un’opera realizzata con così tanto entusiasmo, che da oltre un anno ha una sua identificazione. La struttura, con i problemi che ha accusato, è stata svilita rispetto al valore del calice, ma penso che ognuno di noi si dovrebbe sentire in dovere di proteggere e custodire qualsiasi opera che dia lustro alla città».

Franco Summa, artista ambientale come ama definirsi, entra nel dettaglio e suggerisce: «Il Calice andrebbe lasciato così com’è, ma con una protezione che si armonizzasse con l’oggetto. L’imbragatura attuale non mi pare un granché. Dovrebbe essere interpellato l’autore. Non sono un esperto chimico, ma rifare l’opera significherebbe correre il rischio di nuove variazioni. La collocazione dell’opera è un po’ casuale, non è pensata in rapporto allo spazio in cui s’inserisce né al luogo dov’è collocato. L’autore l’aveva prevista con altre misure, ma l’opera va lasciata lì per rispetto verso di lui. So che Ettore Spalletti aveva un’idea-progetto per piazza Salotto: sono convinto che se si fosse realizzata, sarebbe stata molto più adeguata alla città».

Per l’imprenditrice, e consigliere provinciale dell’Idv Antonella Allegrino, «il Calice non dovrebbe essere risistemato, ma conservato così come il destino l’ha condotto perché espressione di un momento particolare che ha caratterizzato Pescara: fa parte di un pezzo di storia della città, ha un valore simbolico, perché è nato dalla volontà di un’amministrazione di dare alla città un volto di modernità e di internazionalizzazione».

Cesare Manzo, gallerista e inventore di Fuori Uso, torna sul tema dei costi: «E’ un’opera da tenere, però il restauro non deve gravare sul cittadino. Noi pescaresi non dobbiamo pagare più niente. A me il Calice non piace, avrei preferito una grande opera di Spalletti, però se è stato scelto Toyo Ito è giusto conservare l’opera. Ma va ricercato il responsabile del danno, è un errore troppo grave che si spacchi un’opera costata una cifra così alta. Con quei soldi avrei realizzato 10 anni di Fuori Uso».

L’unico ad andare controcorrente è Emidio Schirato, presidente regionale di Federalberghi e titolare degli hotel Plaza e Duca d’Aosta: «Sarebbe meglio togliere questo bicchiere di Toyo Ito, che credo abbia fatto il suo tempo e così ingabbiato è diventato poco guardabile. Avrebbe senso armonizzare questo spazio con il resto del corso e con la nave di Cascella per dare una continuità e una logica di lettura dello spazio nel salotto buono. Tenderei a mettere un altro richiamo di Cascella, magari all’ingresso di piazza Sacro Cuore».