le intercettazioni

Il figliastro dopo l’agguato: «Il cane non si è fatto niente»

Tentato omicidio: così Michele Gruosso commentò al telefono l’aggressione all’imprenditore di Spoltore. L’accusa: insieme alla madre gli somministravano l’anticoagulante per ucciderlo

PESCARA. «Il cane non si è fatto niente, manco dal veterinario l’ hanno portato ! Caz..o». “Il cane” come lo chiama il figliastro Michele Gruosso (foto a destra), arrestato poi per il tentato omicidio del patrigno con la madre Daniela Lo Russo (42) sarebbe proprio il 52enne finito nel reparto di Ematologia per il Coumadin che per mesi gli sarebbe stato somministrato di nascosto dalla moglie e dal figlio di lei per procurargli emorragie che lo dovevano portare alla morte.

leggi anche: Pescara, tenta di uccidere il marito insieme al figlio: "Allontanata da casa, voleva vendicarsi" Questo il movente che avrebbe mosso Daniela Lo Russo e Michele Gruosso, accusati dai carabinieri di aver fatto picchiare e poi avvelenato con il Coumadin (un anticoagulante) e l'En (uno psicofarmaco) l'imprenditore finito per ben sei volte al pronto soccorso per gli improvvisi sanguinamenti. AI domiciliari il giovane assoldato per picchiare la vittima, ricercato il complice. Le indagini partite da una denuncia per tentato stupro

Quella frase di sdegno Michele Gruosso la scrive via sms al 30enne arrestato poi l’agguato del 10 luglio ai danni dello stesso 52enne, quando viene a sapere dalla madre, contattata dal marito che le racconta che cosa gli è accaduto, l’esito di quell’aggressione. E cioè che, come riferisce la stessa vittima alla moglie subito dopo, aggredito con le mazze da baseball da due persone che volevano derubarlo sotto casa, a Santa Teresa di Spoltore, lui ha reagito e ha anche cercato di inseguirli. È allora che Gruosso si lamenta con Mosquera, il 30enne poi arrestato dai carabinieri per quella stessa aggressione, sentendosi rispondere che «il lavoro comunque è stato fatto». «Sì è stato fatto , ma non si è fatto niente» dice ancora Gruosso mentre l’altro insiste: «Allora ultima domanda li mandi adesso questi 400 sì o no?». Una conversazione agghiacciante che unita al messaggio del giorno prima tra i due che si accordano per vedersi a Montesilvano per parlare di «una cosa importante» e al messaggio della sera dopo, poco prima dell’aggressione, quando Mosquera gli scrive di essere «sul posto» lasciano ben ipotizzare all’accusa che quell’aggressione «si innesta in un disegno criminoso più complesso, preordinato da Gruosso e dalla madre Lo Russo» che avrebbero pianificato «una precisa strategia finalizzata ad uccidere il 52enne mediante la ripetuta somministrazione, ad insaputa della vittima, di un farmaco anticoagulante (Cuomadin) che inibendo la coagulazione del sangue è in grado di provocare, in dosi letali, emorragie interne; inoltre», scrive ancora l’accusa nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di madre e figlio, «alla vittima è stata effettuata anche una occulta somministrazione di altro farmaco tale da indurlo a uno stato confusionale».

Dunque, tornando all’agguato e all’implicazione diretta di Gruosso nella pianificazione dello stesso, i carabinieri diretti da Antonio Di Dalmazi scoprono anche dell’altro. E cioè che il giorno successivo, presumibilmente per sollevarsi dall’impegno di pagarlo, lo stesso Gruosso chiama con il telefonino i carabinieri di Silvi, dove abita Mosquera, e dando un nome falso riferisce che la sera prima in un bar di Silvi ha avuto modo di ascoltare una conversazione tra tre persone, due delle quali descritte minuziosamente, che si stavano vantando con il loro amico di essere andati poco prima a Spoltore per picchiare una persona. I carabinieri, grazie anche alla targa dell’auto che gli fornisce lo stesso Gruosso, arrivano subito a Mosquera, peraltro già noto alle forze dell’ordine. Mosquera ha ancora l’occhio sinistro gonfio come aveva detto in un altro sms a Gruosso ad agguato compiuto e per lui non c’è scampo, viene arrestato. Ma quelli, siamo all’11 luglio, per il povero imprenditore che torna a sanguinare dall’orecchio e dalla bocca sono giorni nefasti. Tanto che, dopo sette ricoveri in quattro mesi, viene ricoverato per accertamenti nel reparto di Ematologia. Ma qui i valori bassi del sangue invece di risalire, con le cure dei medici, continuano a scendere, anche con l’antidoto naturale al Coumadin, la vitamina K. Perché, viene fuori dalle analisi, anche durantela degenza gli viene somministrato di nascosto il Coumadin. Anche qui, ad incastrare la moglie, ci sarebbero le intercettazioni dei messaggi tra lei e il figlio. E soprattutto, alla fine, quelle tra lei e l’inconsapevole marito: «Ma hai bevuto il gatorade che ti ha portato Michele? Bevi, devi bere...».

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