RICERCA

L'Aquila, la retina artificiale è già realtà

Il futuro visto dall'Abruzzo, un tessuto semibiologico sperimentato sui topi. E presto toccherà all’uomo

L’AQUILA. Un semiconduttore fotovoltaico organico, leggero, flessibile e altamente biocompatibile. Sono le caratteristiche della nuova retina artificiale sperimentata dagli scienziati del dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche dell’Università dell'Aquila, dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, del Dipartimento di Oftalmologia dell'ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Verona, dell’Innovhub-Ssi di Milano. Un passa avanti rispetto ai due modelli di retina oggi disponibili che fanno ben sperare per una futura applicazione sull’uomo.

La vista è uno dei beni più preziosi per i mammiferi superiori e la sua perdita, per patologie della più varia natura, è una delle più gravi calamità che l’uomo possa sperimentare, anche per la scarsa possibilità di trattare molte delle malattie, come la retinite pigmentosa, che determinano la cecità e di ripristinare la vista, una volta che è andata perduta. L’importante sforzo di ricerca, multidisciplinare e multicentrico, ha portato alla pubblicazione di un importante lavoro intitolato “A fully organic retinal prothesis restores vision in a rat model of degenerative blindness” apparso sul numero del 6 marzo della prestigiosa rivista Nature materials.

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La realizzazione di una retina artificiale in grado di sopperire alla mancanza di fotorecettori funzionanti, utilizzando materiale sensibile alla luce in grado di generare correnti e, teoricamente, percezione visiva, ma anche compatibile con i tessuti biologici è quanto descritto in questo importante lavoro, che ha anche dimostrato risultati molto lusinghieri in un modello animale di roditore affetto da cecità degenerativa. Ora la speranza è quella di replicare sull’uomo, che frequentemente va incontro a patologie congenite o acquisite dell’epitelio pigmentato e della retina con cecità, gli eccellenti risultati ottenuti nell'animale. In particolare si è constatato un ripristino della funzione visiva non solo per quanto riguarda la sensibilità alla luce, ma anche l'acuità visiva e l'attività metabolica della corteccia visiva. L'impianto si è dimostrato efficace per oltre dieci mesi, senza che si manifestassero infiammazione dei tessuti o la compromissione della protesi. L’inizio dei primi esperimenti sull’uomo sono previsti per la seconda metà del 2017.

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Il direttore del Discab dell’Aquila Edoardo Alesse, esprime grande soddisfazione per questa ricerca, firmata da ben quattro ricercatori del dipartimento: Silvia Bisti, coordinatrice della sezione e del gruppo, Rita Maccarone, Stefano Di Marco e Mattia Di Paolo da sempre impegnati nello studio delle degenerazioni retiniche. «Questo risultato era nell'aria», spiega il professor Alesse, «nel senso che non poteva non arrivare in ragione degli sforzi, della qualificazione dei ricercatori e degli investimenti messi in campo, sulla scia di precedenti ed ugualmente importanti scoperte della stessa equipe. Quello che ora aspettiamo con ansia, ma anche con tantissima speranza, è la possibilità di trasferire questa sperimentazione all'uomo, auspicando risultati altrettanto positivi che nell'animale da esperimento».

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