Piano Bussi, il ministero contro l’accordo tra Regione e Uniholding

Dopo la firma tra D’Alfonso e l’azienda spuntano le riserve dei tecnici di Galletti sull’intesa per la reindustrializzazione. «Mancano garanzie. Responsabilità insostenibile per il Comune»

ROMA. Si festeggia a Bussi sul Tirino per la firma del protocollo di intesa sottoscritto due giorni fa tra la Regione Abruzzo e la Uniholding. Che promette la reindustrializzazione del sito a fronte di agevolazioni e finanziamenti dedicati all’area del sisma aquilano del 2009 oltre a quelli previsti per i contratti di sviluppo. Nonostante l’accelerazione imposta al dossier dal presidente Luciano D’Alfonso non si tratta però di un percorso facile né rapido. Sarà fondamentale per Uniholding, il via libera ad un Accordo generale di programma per la bonifica e reindustrializzazione del sito. E gli ostacoli su questo fronte non sono finora mancati.

Senza garanzie. Come dimostra la lunga trattativa tra la Regione Abruzzo e il ministero dell’Ambiente. Da ottobre 2015 ad oggi sono state trasmesse a Roma cinque o sei bozze di Accordo, tutte rinviate al mittente. Nel mirino del ministero guidato da Gian Luca Galletti, il passaggio al comune di Bussi delle aree già di proprietà Solvay. Su cui è stata espressa molta preoccupazione. Per il trasferimento «al comune di tutti gli obblighi in materia di adozione di misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica in capo al proprietario delle aree, con particolare riferimento all’onerosa gestione dell’impianto di trattamento delle acque di falda (Taf)», ha ammonito il ministero dell’Ambiente in una missiva alla Regione Abruzzo del 20 maggio scorso. Una lettera in cui si sottolineava inoltre come la bozza predisposta dalla Regione «non solo non quantifica gli oneri, ma non prevede la prestazione di alcuna garanzia finanziaria da parte del privato per gli impegni assunti».

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Incognita sicurezza. Ma a condizionare negativamente il giudizio sul testo anche diversi altri elementi: «Non emerge neppure con chiarezza chi eseguirà gli interventi di messa in sicurezza operativa nell’area ex Medavox». E Uniholding? Il subentro del gruppo farmaceutico nel sito Solvay rappresenta un grande punto interrogativo. Specie quanto alla prospettata «cessione a prezzo di mercato del diritto reale di superficie sugli impianti mobili e immobili e beni aziendali al gruppo selezionato dal comune di Bussi». Cessione, sempre secondo i rilievi del ministero, richiamata senza che i potenziali sottoscrittori dell’Accordo di programma «abbiano contezza di un atto di compravendita tra Solvay e Uniholding. Risultano quindi quanto meno dubbi i presupposti dell’accordo». Ma non è finita qui. Nella missiva datata 9 giugno 2016 con cui è toccato sempre al ministero dell’Ambiente informare dell’ipotesi di Accordo il ministero dello Sviluppo economico, viene sottolineata la genericità delle indicazioni relative alle aree oggetto dell’accordo, l’incompletezza della documentazione, il mancato riferimento previsto dalla legge «sui contenuti minimi degli interventi di bonifica e di reindustrializzazione, nonché sugli obblighi dei privati interessati». A nulla, per superare queste criticità, era servita neppure la Conferenza dei Servizi convocata dalla regione Abruzzo il 21 marzo.

Risponde il Comune. All’incontro, tenuto a Pescara, i rappresentanti della Direzione territorio e acque dello stesso ministero dell’Ambiente si erano presentati con una controproposta che dettagliava le attività di competenza dei soggetti coinvolti, la progettazione delle misure di prevenzione e messa in sicurezza e di quelle relative alle opere di reindustruializzazione. Con l’esplicita previsione del trasferimento della proprietà delle aree di Solvay ai nuovi investitori. La mancanza di chiarezza su questo punto come pure sui ristori (quello ad esempio che dovrebbe essere corrisposto al comune di Bussi da Uniholding per la concessione idroelettrica cedutale da Solvay) e le maggiorazioni economiche, sia fra privati che con la parte pubblica, hanno indotto il ministero a concludere: «Il passaggio delle aree al comune di Bussi comporta un’assunzione di responsabilità poco sostenibile». Una conclusione che sembra una tirata d’orecchi per la Regione. Che, nonostante tutto, aveva poi riproposto, inalterati, i principali contenuti delle bozze precedenti contestati dal ministero. Insomma nell’ultimo anno sulla questione reindustrializzazione si è assistito ad un vero e proprio braccio di ferro, seppure sotterraneo. E del resto che le cose a Bussi non siano così semplici lo si evince pure dal Piano preliminare di Uniholding.

Pesante ritardo. L’azienda era partita lancia in resta ma ha poi dovuto confrontarsi con i tempi della burocrazia. «Il progetto preliminare è stato presentato al Comune di Bussi sul Tirino, nell’ambito della procedura pubblica per le manifestazioni di interesse, ormai più di due anni fa» si legge nel progetto di sviluppo di Uniholding che il Centro ha potuto visionare. Dove alla voce «criticità», l’azienda esprime preoccupazione per il «pesante ritardo» a fronte di disponibilità di commesse da parte di rilevanti aziende farmaceutiche di livello internazionale. È indispensabile insomma che per Bussi vi sia una «immediata soluzione positiva, pena l’impossibilità di far fronte agli impegni sottoscritti».

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