LA DISCARICA DEI VELENI

“Processo a rischio prescrizione”, Bussi come l’Eternit di Torino?

La denuncia della Stampa: la decisione della cassazione potrebbe avere effetti anche sul caso abruzzese. Allerta anche all’Osservatorio Legalità di Legambiente

BUSSI SUL TIRINO. L’ombra del caso Eternit di Torino sul processo per la discarica dei veleni di Bussi sul Tirino. Oggi a Chieti nuova udienza in corte d’assise per i 19 imputati accusati di disastro ambientale e avvelenamento di acque per le discariche realizzate dalla Montedison. Ma, come denunciato sulla stampa oggi in edicola, la decisione della Cassazione e la prescrizione del reato di disastro doloso nel processo Eternit potrebbe avere un effetto a cascata non solo sul processo abruzzese, ma anche su quello in corso a Taranto per l’Ilva.

Il ragionamento portato avanti dal quotidiano torinese è in sintesi questo: visto che in entrambi i casi la fattispecie di reato è simile, è “verosimile che gli avvocati dei manager imputati invochino un’analoga prescrizione anticipata”. Un’ipotesi temuta anche dal Legambiente il cui Osservatorio Legalità è al lavoro su una ventina di processi considerati a rischio. E tra questi c’è anche quello abruzzese sulla discarica di Bussi sul Tirino.

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Nel processo in corso a Chieti l’accusa ha chiesto per i 19 imputati condanne fino a 12 anni. Il pm Anna Rita Mantini durante il suo intervento ha fatto vedere un appunto interno Montedison del 2001 con scritto «clorurati in falda h2o - obiettivi di bonifica concordati con enti che danno valori residuali superiori a quelli in tabella». Per l'accusa insomma si tratterebbe di una «sistematica falsificazione dei dati». E l’allarme risalirebbe già al 1993 quando una società esterna segnalò a Montedison la grave situazione di inquinamento, sottolineando che le attività erano inadeguate e proponendo investimenti sia per il risanamento che per lo studio degli effetti sulla salute. E su un appunto sequestrato, riconducibile ai vertici Montedison, rispetto allo studio e con riferimento alle vecchie discariche c'è scritto «non ci conviene».

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Accuse a cui i legali degli imputati replicano mettendo in dubbio il reato di disastro ambientale. Se mai si può parlare di «fenomeno di inquinamento ambientale, che potrà essere grave o meno, grave ma il disastro è un'altra cosa», è la posizione dell'avvocato Tullio Padovani, difensore dell'ex amministratore delegato di Montedison, Guido Angiolini. L’avvocato Riccardo Villata, che nel processo difende Camillo Di Paolo, ha invece sottolineato come nel periodo in cui la discarica è stata realizzata, fra il 1963 e il 1971, non ci fossero norme di tutela ambientale. Perciò la discarica stessa non costituiva un illecito, non era abusiva e dunque non penalmente perseguibile.

Posizioni contrapposte su cui pende come una mannaia la decisione della cassazione sul caso Eternit, ma non solo. Come sottolinea sempre La Stampa, «in Italia i reati ambientali non hanno mai goduto di fortuna legislativa. Sono contravvenzioni fuori dal codice penale, si prescrivono in cinque anni, si cancellano pagando due soldi. Inoltre, dato che i danni sono generalmente diffusi su molte vittime e si manifestano a distanza di tempo, la prescrizione incombe inesorabile«.