Lo striscione con le foto delle vittime all'ingresso del tribunale (foto G.Lattanzio)

PESCARA

Rigopiano, il giorno della sentenza. Ci sono voluti 6 anni, 1 mese e 5 giorni

Trenta imputati per il disastro dell'hotel. Il verdetto atteso intorno alle 17 di giovedì 23 febbraio

VIDEO 1 Mai più un'altra Rigopiano, le aspettative a pochi minuti dalla sentenza

VIDEO 2 Inizia l'udienza e le prime due file in aula sono ocupate dalle magliette con i volti delle vittime

PESCARA. Dopo 6 anni, 1 mese e 5 giorni è attesa per domani, giovedì 23 febbraio, intorno alle 17, la sentenza per i 30 imputati del disastro di Rigopiano e per i familiari delle 29 vittime della valanga di quel mercoledì 18 gennaio. Dei 40 ospiti dell'hotel, solo 11 sono sopravvissuti. 

Gli imputati sono 29 persone fisiche e una giuridica (la società Gran Sasso Resort). Le 29 persone fisiche sono rappresentanti di Regione, Provincia, Prefettura, Comune di Farindola, tecnici, gestore e proprietà della struttura: sono accusati a vario titolo dei reati
di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizio. 

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"Mi aspetto che sia fatta giustizia. In che termini non lo so, ma chi ha sbagliato deve pagare. Dal nostro punto di vista le responsabilità ci sono state e spero sia così anche per la legge. Potrei dire qualsiasi cosa, ma il processo si fa in aula. Staremo a vedere. In ogni caso siamo fiduciosi". Le parole sono di Giampiero Parete, il cuoco che per primo, quel giorno, lanciò l'allarme. Quando la valanga travolse e distrusse il resort Parete - oggi titolare di un ristorante a Silvi (Teramo) - era all'esterno della struttura per prendere alcune medicine in macchina. La storia della famiglia Parete è considerata il miracolo nella tragedia dell'hotel. Il cuoco si trovava lì in vacanza con la moglie Adriana e con i due figli Gianfilippo, all'epoca 8 anni, e Ludovica, 6. I quattro, dopo ore di angoscia, furono tutti tratti in salvo e riuscirono a riunirsi e riabbracciarsi.

"Mi auguro che non vengano fatti sconti, che non ci sia neanche un giorno di sconto rispetto a quanto richiesto dalla Procura. Mi aspetto che sia una sentenza esemplare, per rendere omaggio a chi non c'è più e anche per tutte le altre tragedie che ci sono state, a partire dal crollo del ponte di Genova. Siamo fiduciosi". Lo afferma Marco Foresta, che nella tragedia dell'Hotel Rigopiano perse entrambi i genitori, alla vigilia della sentenza prevista per domani. Tobia Foresta, 59 anni, e Bianca Iudicone, 50, si erano concessi un breve soggiorno nel resort, dove poi hanno trovato la morte. All'epoca dei fatti Marco, figlio unico, aveva un locale nel centro di Pescara, che chiuse pochi mesi dopo. Iniziarono così problemi e difficoltà economiche. Nel 2020, però, grazie alle forme di protezione e assistenza previste per legge per gli orfani di Rigopiano, che di fatto sono rientrati nelle cosiddette 'categorie protette', è stato assunto in banca.

Il pm, Giuseppe Bellelli, ha chiesto "una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di amministratore pubblico che aveva il dovere di prevedere la valanga ed evitare la tragedia".

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L'inchiesta sul disastro si è conclusa nel novembre 2018, e aveva riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire l'emergenza maltempo, chiamando in causa Regione, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola; poi si era estesa anche alla mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati.

A fine dicembre 2018 c'è anche un'inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della Prefettura di Pescara, compreso l'ex prefetto Francesco Provolo - per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara - con altri sette indagati.

A dicembre del 2019 i vertici regionali escono dal processo con 22 archiviazioni per ex presidenti della Regione ed ex assessori regionali alla Protezione civile.

La condanna più pesante, 12 anni, è stata chiesta per l'ex prefetto Francesco Provolo; tra le altre richieste di condanna ci sono gli 11 anni e 4 mesi chiesti per il sindaco, in carica, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, i sette anni e otto mesi per il gestore dell'hotel Bruno Di Tommaso, i sei anni per l'ex presidente della Provincia Antonio Di Marco. Sul fronte del depistaggio in Prefettura, 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo; due anni per Giancarlo Verzella.

La tesi della difesa si basa sul fatto che un fenomeno meteorologico si può anche prevedere, ma non si può prevedere la sua eccezionalità.