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Sebastiani: non cedo alle estorsioni, solo fango sulla città

In mattinata l’intenzione di mollare a fine stagione, dopo l'attentato incendiario corregge il tiro: «Vendo solo a chi è meglio di me»

PESCARA. L’amarezza e la rabbia di Daniele Sebastiani. A caldo ha dichiarato di voler lasciare la presidenza del Pescara, ma col passare delle ore ha corretto il tiro.

Sebastiani, come si sente?

«Fortunatamente io e i miei familiari stiamo bene, però queste cose non dovrebbero accadere, non hanno nulla a che vedere con il calcio. I tifosi dovrebbero fare altro. Mi dispiace per la figura che il Pescara ha fatto a livello nazionale. Abbiamo lavorato tanto per restituire credibilità al club dopo il fallimento, ecco perché sono deluso».

Lascerà la guida del club?

«Confermo di essere disposto a vendere le mie quote, ma non accetto di dover fuggire dalla mia città. Sono un combattente e non mi spavento nemmeno di fronte a simili eventi. Venderò la società solo a persone innamorate del Pescara. Vivo qui e non posso permettermi di lasciare il club a persone che potrebbero portare i libri in tribunale dopo sei mesi. Da quando sono entrato in società in nove anni ho fatto, insieme ai soci, cose che a Pescara non si faranno più per i prossimi cento».

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Il mondo del calcio si è mobilitato per starle vicino.

«In poche ore mi sono arrivate centinaia di telefonate. I capi della tifoseria? Non mi ha chiamato nessuno, ma il problema non è quello, perché poi quando succedono queste cose c’è sempre qualcuno che trama sotto. Non so se sia stato un gesto compiuto da vandali oppure se ci sia stata una regia occulta. È un gesto che getta fango addosso a questa città e alla nostra società che aveva riconquistato credibilità dopo anni bui. Sono stanco di subire attacchi, perché con i miei soci ho fatto tante cose buone per il Pescara. E comunque non cederò le mie quote ai delinquenti o a chi pensa di prenderle attraverso un gesto simile».

A cosa si riferisce?

«Pescara è una città piena di chiacchiere, dove si spingono le folle quasi all'odio puntando su notizie false, ad esempio le fantomatiche offerte per acquistare la società che non ho mai ricevuto. Le quote non si comprano attraverso i giornali, ma parlando con chi le possiede. Io lascio a chi è meglio di me, perché se devo lasciare in mano a dei delinquenti ci metto un minuto».

Quanto chiede per cedere le sue quote?

«Non mi va di speculare sui numeri, però tempo fa un socio (il riferimento è all’ex ad Danilo Iannascoli, in rotta da mesi con Sebastiani, ndc) che ha il 25, 26% ha chiesto 7 milioni di euro per le sue azioni. Se voglio comprare un abito vado in un negozio, chiedo il prezzo e pago. Se poi per comperare l’abito metto fuoco al negozio questa è un’estorsione non un acquisto. Ma per tali aspetti ci sono le forze dell’ordine e la magistratura. Voglio soltanto dire che se uno vuole fare un’offerta deve venire da me».

Qual è l’aspetto che le fa più male?

«Mi dispiace essere stato protagonista di un episodio senza precedenti in questa città. Tutto questo crea un danno alla società e a tutta Pescara».

Chiudiamo con il campionato. Come si spiega un tracollo così rovinoso?

«Le neopromosse sono esposte a figure del genere perché il divario con i grandi club è troppo ampio. La gente è esasperata per i risultati negativi, però a questi livelli e con questa ripartizione delle risorse non possiamo competere. Se fossi un imprenditore milionario come Squinzi potrei mettere le mani al portafogli e comprare i campioni, ma non posso permettermelo. Fare un anno da leoni e cento da pecore non rientra nei nostri programmi».

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