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Ucciso e bruciato il piastrellista scomparso, caccia agli assassini

Sono di Demetrio Di Silvestre i resti trovati sul monte Ascensione, ad Ascoli. Dell’artigiano di Tortoreto non si avevano notizie da martedì, poi la denuncia della moglie. I resti trovati il giorno dopo dai cani di alcuni pastori

TORTORETO. I sospetti, ostinatamente celati fino a mercoledì sera dagli investigatori, sono diventati le certezze di un omicidio. Efferato come può essere una esecuzione. Quella di un uomo ucciso e bruciato. I resti delle ossa carbonizzate scoperte ad Ascoli, nella zona del monte dell’Ascensione, sono di Demetrio Di Silvestre, il piastrellista 56enne di Tortoreto sparito da casa martedì. Lo dicono i primi esami e in una storia che gira sull’elica di un dna e, per ora di un movente da scoprire, questo è già un passo avanti. Nella lettura coordinata dei primi indizi ne emerge uno: il Gps dell’auto dell’artigiano segnala che la sua Bmw, quella che è stata ritrovata chiusa in un parcheggio di Porto Sant’Elpidio (sempre nell’Ascolano), martedì è stata nella zona del monte dell’Ascensione. Facendo ipotizzare che la morte risalga al giorno stesso della scomparsa o, al massimo, alla notte tra martedì e mercoledì. Perchè come succede sempre più spesso, ormai sono i supporti informatici a raccontare per primi le dinamiche degli omicidi.

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Come quello di Di Silvestre, titolare di una piccola ditta nel settore dell’edilizia, da tutti descritto come gran lavoratore e persona tranquilla, senza apparenti problemi economici, sposato e padre di un figlio che esce di casa dicendo alla moglie di avere un appuntamento di lavoro a San Benedetto del Tronto e svanisce nel nulla. Telefonino spento, la macchina ritrovata a sessanta chilometri di distanza da Tortoreto, nessun contatto con i familiari. La moglie presenta una denuncia ai carabinieri di Alba, ma si pensa ad un allontanamento volontario. Fino a mercoledì mattina quando alcuni pastori scoprono quelle ossa bruciate vicino ad un casolare, nella zona del monte dell’Ascensione, alle porte di Ascoli. Arrivano i carabinieri del Ris, gli esperti del raggruppamento investigazioni scientifiche, che cercano di recuperare micro frammenti di tessuto per estrapolare il dna. Passaggio indispensabile per trovare un nome. Gli accertamenti scientifici sono resi particolarmente complicati dallo stato dei resti che vengono descritti come completamente carbonizzati e frantumati. Resti trovati all’interno di un piccolo braciere, realizzato in modo da concentrare le fiamme in un unico punto per far aumentare la temperatura. Il tutto in una zona molto impervia, con le prime case lontane chilometri, vicino ad un vecchio casolare. Scelte evidentemente non casuali per disfarsi di un corpo senza lasciare tracce. Il casolare è di una famiglia di Ascoli, ma rimane inutilizzato e con gli ingressi sigillati per molti mesi. A poca distanza c’è un fienile, di proprietà di un boscaiolo. Ora le indagini si concentrano sui tabulati telefonici e sulle celle telefoniche che tra qualche ora saranno nelle mani degli investigatori: racconteranno con chi ha parlato. E forse con chi si doveva incontrare martedì pomeriggio. Forse per lavoro, forse per questioni economiche. Magari non a San Benedetto, come aveva detto a casa, ma sul monte dell’Ascensione dove sarebbe arrivato con la sua auto che poi l’assassino, o gli assassini, avrebbe portato a Porto Sant’Elpidio. Perchè servono sempre tanti tasselli per comporre il puzzle di un omcidio.

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