D’Alfonso: non devo dimettermi subito 

Oggi si riunisce la giunta per le elezioni, in anteprima la lettera del governatore-senatore che spiega la sua scelta

PESCARA. «Dichiaro la mia volontà di esercitare il diritto di opzione tra le due cariche una volta completati tutti i passaggi istituzionali e dopo che sia stata istruita compiutamente la convalida da parte della Camera competente nei modi e nei tempi stabiliti dalla normativa in materia».
Nel d-day per l'Abruzzo, dove “d” sta per D'Alfonso, pubblichiamo in anteprima la lettera che il governatore ha inviato alla Giunta per le elezioni, le ineleggibilità e le immunità del consiglio regionale, che oggi deciderà la sua sorte. CHE FARE. Luciano D’Alfonso deve dimettersi subito o no? La risposta del presidente della giunta regionale, eletto al Senato, è in un documento di 8 pagine.
La lettera comincia con due articoli della Costituzione, il 65 e il 66, secondo i quali «la legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o senatore». E «ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità».
A CHI TOCCA. Fatta questa premessa, il governatore descrive l'iter previsto dal regolamento del Senato che affida alla giunta delle elezioni il compito di verificare i titoli di ammissioni dei senatori e le cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità. L'articolo 18 di questo regolamento stabilisce che il senatore: «Entro trenta giorni dalla proclamazione è tenuto a trasmettere alla Giunta l'elenco di tutte le cariche e gli uffici ricoperti». Il presidente della giunta delle elezioni nomina quindi un comitato per la verifica delle cariche dando il via a un procedimento in contraddittorio con l'interessato. Il passaggio successivo prevede che il presidente inviti il senatore a optare tra la carica dichiarata incompatibile e il mandato parlamentare. E dopo convalida la sua proclamazione.
Che tempi ha D’Alfonso per decidere? È la Giunta delle elezioni del Senato a stabilirli.
IL PUNTO CHIAVE. Tirando le somme, il diritto di opzione da parte del senatore può essere esercitato solo dopo la deliberazione della Giunta. E, nonostante che il parlamentare entri nell'esercizio delle funzioni nel giorno della proclamazione, avvenuta in questo caso il 23 aprile scorso, l'assunzione della carica si perfeziona solo con il giudizio di convalida.
IL PARALLELO. Nella lettera, D'Alfonso cita una serie di giuristi che confermano in pieno quanto appena scritto. E passa poi ad analizzare il limite del regolamento della Regione Abruzzo che: «Non dispone alcuna norma di coordinamento con il parallelo medesimo giudizio che pone in essere il Parlamento».
Così afferma il governatore che descrive un paradosso da evitare: «Potrebbe verificarsi il caso di una decadenza deliberata dal consiglio regionale, proposta e previo scrutinio della giunta per le elezioni (cioè la conferenza dei capigruppo che si riunisce oggi, ndr), di un consigliere eletto in Parlamento che poi viene dichiarato decaduto dell'aula del ramo del parlamento di appartenenza per mancata convalida, in tal caso», sottolinea D'Alfonso, «il consigliere eletto in Parlamento non potrà riassumere il ruolo regionale con l'assurda conseguenza di essere escluso da entrambi i mandati».
PREVALE IL SENATO. La domanda a questo punto è una: chi prevale tra il regolamento del Senato è quello della Regione? La risposta, per D’ Alfonso, è chiara: «L'articolo 66 della Costituzione», scrive, «è il fondamento della cosiddetta autodichia delle Camere in materia di verifica dei poteri e più specificamente dell'attribuzione alle Camere stesse della competenza di esercitare in via definitiva la funzione giurisdizionale in materia di titoli di ammissione dei propri componenti». Un principio che la Corte Costituzionale ha ribadito nel 2017.
NON È COSTITUZIONALE. «Non rispettare la priorità dell’autodichia sul regolamento regionale», afferma il governatore, «può portare all'assurdo secondo cui le Camere non avrebbero più la possibilità di rimettere in discussione l'elezione secondo quanto viene stabilito dall'articolo 66 della Costituzione».
C’E’ QUINDI UN RISCHIO. Nella lettera alla Giunta, si prospetta anche un rischio tangibile che le dimissioni anticipate di D’Alfonso andrebbero a causare. Se infatti venissero presentate oggi «solo a seguito di pretese avanzate da un dibattito assembleare viziato ed interessato da ragioni di parte, comporterebbero, prima ancora che si abbia la certezza della nomina a senatore, lo scioglimento della giunta e del consiglio regionale ed il ricorso a nuove elezioni».
L’ECCEZIONE. Si, è vero che vige il principio del “Simul stabunt, simul cadent” (insieme staranno, insieme cadranno, ndr) ma la forma di governo regionale abruzzese, sostiene d'Alfonso: «Non collima perfettamente con questo modello, visto che lo statuto della Regione Abruzzo, unico nel panorama comparato con le altre regioni, valorizza in modo molto particolare il ruolo politico del Consiglio regionale. E ciò si evince», aggiunge il governatore, «dalla scelta di vincolare la nomina quasi per intero (tutti tranne uno) dei membri della giunta tra le file degli stessi consiglieri».
STATE ACCORTI. La conclusione della lettera, che oggi farà riflettere non poco i componenti della giunta per le elezioni, è lapidaria: «L'orientamento delineato», scrive D’Alfonso, «induce a una maggiore cautela». La parola passa ai capigruppo che voteranno il futuro politico dell'Abruzzo.
I 5 Stelle e il centrodestra, in particolare Forza Italia, tifano per le elezioni anticipate. Le riflessioni del governatore sembrano invece dimostrare che non è possibile che vada a finire così. E non è un giudizio soggettivo.