Il comandante Troilo tra i padri della patria

Il leader della Brigata Maiella nel Pantheon del 150 padri della patria come Garibaldi

Ettore Troilo nel Pantheon del 150 padri della patria, tra i migliori servitori dello Stato. Uomini e donne che nel corso della nostra storia unitaria hanno dedicato la vita al servizio del Paese. Ettore Troilo uomo della Resistenza, come Giuseppe Garibaldi uomo del Risorgimento. La notizia avrebbe sorpreso lui per primo, il leggendario comandante della Brigata Maiella, che all'eroe dei due mondi somiglia per più di una circostanza a cominciare dalla modestia e semplicità del carattere, consapevole di aver fatto nella sua vita niente altro che il suo dovere. Come Garibaldi anche la sua è stata una esistenza romanzesca.

Era quello che si dice un ragazzo di buona famiglia, nato il 10 aprile 1898 a Torricella Peligna, ai piedi della Maiella in provincia di Chieti, unico maschio di quattro figli del medico condotto, dai rigidi principi morali e conservatore per temperamento. A 14 anni perde la madre e per le tre sorelle sarà sempre il premuroso fratello maggiore. Studia in collegio, a Lanciano, e fa le prime esperienze culturali e politiche avvicinandosi alle idee socialiste. E' destinato a fare l'avvocato, come Garibaldi il marinaio, ma anche per il giovane Troilo scatta il richiamo delle barricate, della voglia di battersi per valori come giustizia, patria e libertà. Appena diciottenne, novembre del 1916, si arruola volontario per la Grande Guerra: tre anni di trincea, la morte vista da vicino, le idee politiche coltivate da studente rafforzate.

Torna la pace e Troilo torna agli studi, si laurea in legge e apre uno studio a Milano dove familiarizza con gli ambienti socialisti della capitale lombarda. Si entusiasma nelle settimane rosse che vedono la crescita dei movimenti popolari, ma anche l'avvicinarsi della reazione violenta che scaturirà nel fascismo. Conosce Filippo Turati e ne diviene uno dei più stretti collaboratori. E' Turati che a Roma fa conoscere al giovane avvocato abruzzese Giacomo Matteotti, la mente più lucida del socialismo italiano. Con Matteotti si stabilisce un sodalizio che durerà fino all'assassinio del deputato socialista.

Gli anni della dittatura costringono Troilo alla «quasi clandestinità politica», è il lungo periodo degli studi, della vita in famiglia, della professione di avvocato.

L'8 settembre però corre a Roma, minacciata dai tedeschi dopo l'annuncio dell'armistizio. La fuga del Re e dello stato maggiore delle forze armate mettono in ginocchio il paese, Troilo rompe gli indugi, entra nella Resistenza e partecipa alla difesa della capitale. Occupata la città dai tedeschi, con altri compagni abruzzesi è nell'elenco dei «banditi» ricercati dai nazifascisti. Si nasconde e riesce a lasciare Roma, raggiunge l'Abruzzo a cavallo di un mulo.

L'Abruzzo è occupato dai tedeschi, addirittura il suo paese, Torricella, ha una guarnigione «SS» particolarmente addestrata nella caccia ai ribelli. E Troilo viene catturato e trasferito a Roma dove l'aspetta uno dei famigerati interrogatori del colonnello Kappler. Ma beffa i nazisti, riesce a fuggire aggredendo le guardie tedesche e gettandosi giù dal camion in corsa.

Come Garibaldi, Troilo si dà alla guerriglia con operazioni di sabotaggio e di assalti improvvisi. E come Garibaldi crea dal nulla un esercito di volontari, giovani abruzzesi che accorrono al suo richiamo. Nasce, tra l'iniziale diffidenza degli anglo-americani, quella che sarà la più importante formazione partigiana dell'Italia centro-meridionale, la Brigata Maiella, 1.500 volontari che vanno in combattimento inquadrati in battaglioni e compagnie come un reparto regolare. Sono i garibaldini del 1943, un po' più numerosi dei leggendari Mille del 1860 e Ettore Troilo ne è il comandante. La data della sua costituzione è il mese di dicembre 1943. La Brigata si distingue nella liberazione dei paesi dell'Abruzzo occupato, risale poi la penisola con gli Alleati combattendo nelle Marche, in Romagna, in Emilia. I volontari di Troilo sono i primi ad entrare a Bologna liberata, e il loro comandante decorato con la medaglia d'argento al valor militare.

Lasciato il mitra e dismessa la divisa, Troilo non tornò, come si dice, alla vita civile. Nominato prefetto dal governo di liberazione gli viene affidata Milano dove prende il posto di Riccardo Lombardi, chiamato a far parte del governo nazionale. Negli anni del dopoguerra, nel clima di fronti popolari che surriscalda l'Italia, Troilo uomo della Resistenza non può restare prefetto di Milano e viene rimosso, nel novembre del 1947, dal ministro degli Interni Mario Scelba. Troilo obbedì, come Garibaldi. Fu l'intelligenza politica di De Gasperi, presidente del Consiglio, a suggerire l'utilizzo delle sue capacità a rappresentare l'Italia all'Onu come ministro plenipotenziario per i problemi della libertà di informazione. E, ancora una volta come Garibaldi, Troilo rifiuta; dà le dimissioni da Prefetto di prima classe e se ne torna in Abruzzo, dove ottiene per la bandiera di Guerra della Brigata Maiella la Medaglia d'Oro al valor militare.

E' il viale del tramonto. Il comandante Ettore Troilo muore a Roma il 5 giugno del 1974. Pochi mesi prima l'ultima missione compiuta: la realizzazione del sacrario militare alle falde della Maiella che accoglie i resti dei 55 caduti della sua Brigata.

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