Gioiellieri e galleristi sul patron di Villa Pini: intenditore d’arte con un’inesauribile capacità finanziaria

Il mistero della nuova villa demolita

Indagine su una costruzione fatta sparire a contrada San Salvatore

PESCARA. Gioiellieri, galleristi, antiquari. E’ il genere di frequentazioni che il re delle cliniche ha coltivato per anni, con una consapevole capacità critica di selezionare e acquistare pezzi pregiati. «Uomo di gran gusto e competenza artistica». Così viene giudicato sul mercato dell’arte locale il magnate teatino della sanità privata. Difficile trovare patacche nelle sue collezioni, o delle croste, parlando delle tele che ogni giorno la cronaca giudiziaria su Villa Pini vede scorrere, come in una passerella surreale, lungo le strade di Chieti.

Veri e propri tesori nascosti, che in questi giorni stanno tornando rapidamente alla luce, e quelli di cui da gran tempo si favoleggia senza riscontri. E’ il caso della villa-bunker in costruzione, poi fatta improvvisamente demolire nell’area della clinica Villa Pini, in contrada San Salvatore di Chieti.
La dimora che avrebbe dovuto diventare la nuova residenza della famiglia Angelini fatta letteralmente sparire dalla vista, un rustico in cemento armato su due piani, con relativo sotterraneo, anche questo eliminato in circostanze da chiarire.

Si tratta di un episodio su cui non è stata fatta chiarezza e che, nei prossimi giorni, richiederà nuove ispezioni, questa volta di natura urbanistica, da parte del Comune di Chieti. Anche perché sembra che la demolizione sia avvenuta senza la necessaria autorizzazione municipale.
Bunker e accaparramento sfrenato di beni di lusso. E’ l’altra faccia della luna, quella opulenta e dissipatrice di ricchezze, che fa da contraltare alla disperazione di migliaia di famiglie abruzzesi che oggi pagano le conseguenze del dissesto del gruppo sanitario teatino. Lavoratori e lavoratrici arrivati al 339º giorno senza stipendio, che ancora oggi non vedono all’orizzonte la possibilità di una ripresa dopo la mancata risposta della Regione alla riapertura dei crediti destinati alle attività di cura e assistenza dei malati. Famiglie in lotta per la sopravvivenza, che stanno perdendo case e affetti dopo oltre dieci mesi di mortificazioni.

Possibile conciliare il gusto dell’arte e del bello con la negazione del pagamento degli stipendi ai propri dipendenti, assistendo quasi con indifferenza al naufragio lento di un impero sanitario?
«Questo accade perché sembra smarrito il concetto di valore», si racconta negli ambienti dell’arte pescarese che ben conoscono la forza finanziaria di Vincenzo Angelini. Qui arriva la conferma che investire in beni di lusso è sempre un buon affare quando si ha la giusta competenza, ma soprattutto una grande liquidità a disposizione.

«Sempre meglio che depositare soldi in banca, con i tempi che corrono. La questione non è chiedersi se tutto questo sia possibile, visto che di fatto accade ogni giorno. Ma chiedersi perché tutto ciò sia stato consentito per anni, e come si è arrivati a questo punto. Chi ha tanti soldi da spendere dovrebbe averli guadagnati in maniera elegante, insomma più conforme ai canoni estetici che si ha il privilegio di affinare grazie a una inesauribile capacità finanziaria. Il problema non è Angelini, ma chi ha consentito questo arricchimento che non ha riscontri nella vita quotidiana di chi fatica ogni giorno per sbarcare il lunario».