Il musicista abruzzeseprimario di chirurgia"Da Penne al Folkstudio"

«Sono abruzzese e penso in dialetto puro pennese. A Roma ho vissuto in esilio dorato ma ora è tempo che spenda gran parte del mio tempo per l'Abruzzo». Il cantautore abruzzese Mimmo Locasciulli vuole scendere in politica?

«Sono abruzzese e penso in dialetto puro pennese. Mi sento tale fino al midollo. A Roma ho vissuto in esilio dorato ma ora è tempo che spenda gran parte del mio tempo per l'Abruzzo. A Penne mi chiedono di tornare più spesso e di propormi con una presenza attiva nella società, così sto scambiando opinioni...». Il cantautore abruzzese Mimmo Locasciulli vuole scendere in politica? A sentirlo, sembrerebbe così. «C'è un tempo per prendere e uno per rendere», riflette il chirurgo musicista, dilettante professionista e professionista dilettante, come a lui piace definirsi. «Mi piacerebbe fare qualcosa per sensibilizzare i miei concittadini» continua.

«Penne ha un patrimonio storico monumentale da spavento, basti pensare che è stata residenza estiva di Margherita d'Austria. E ora vedere quelle case in mattoni intonacate fa pensare che non ci sia attenzione per l'antica capitale vestina, la città del mattone, alle porte del Parco del Gran Sasso, a venti minuti dal mare e venti dalla montagna. Quando torno di notte a Penne e non mi vede nessuno giro a piedi su al castello e mi perdo per i vicoli, di una bellezza inaudita. E poi la cultura enogastronomica: i maccheroni alla chitarra, alla mugnaia, gli gnocchi, le pallotte di carne al sugo. E la bontà dell'olio d'oliva delle colline aprutine, eppure la sua fama si ferma a Pianella e Loreto».

Una dichiarazione d'amore più che il discorso programmatico di chi vuol proporre idee e soluzioni per risollevare le sorti della terra di provenienza. La cultura salvi il mondo; l'incultura è mancanza di bellezza, di rispetto e di educazione, ripete convinto. «Mi sento un privilegiato», poi ammette. «Adoro il lavoro di medico e sono riuscito a coltivare la passione per la musica trasformandola in attività professionale. Per ogni disco che ho fatto mi dicevo che quello era l'ultimo, ma così sono andato avanti per trent'anni realizzando 17 album. E ancora avanti fino a dirigere un reparto molto importante dell'ospedale Santo Spirito di Roma, che ho lasciato giusto un anno fa. Certo», riconosce «la famiglia è stata fondamentale per la mia riuscita, sia quella di provenienza che quella da me creata con mia moglie: dicono che il successo degli uomini dipenda dalle mogli, no?
Nella famiglia ho trovato appoggio, complicità, solidarietà. Sono cresciuto con l'esempio di mio padre, Guido Locas, che negli '50 e '60 cantava al teatro Pomponi a Pescara e più volte è stato ospite di trasmissioni radiotelevisive come "Sette note", presentata da Baudo. A casa nostra si ascoltava musica non banale: Nat King Cole, Pat Boone, Frank Sinatra, Bing Crosby. E io avevo cominciato a studiare pianoforte a 5 anni, poi a 14 lasciai perdere per mettere su il mio complessino beat, suonavamo alle feste, nei locali, anche nei night, Tortuga, la Racchetta, la Silvanella. E così, anche se dall'età di 14-15 anni già sapevo che sarei diventato medico, un giorno andai a Pescara e fingendo di avere 18-19 anni comprai un organo elettronico firmando cambiali. Mio padre se la prese col venditore e me lo sequestrò promettendo di farmelo usare a condizione che avrei fatto il mio dovere a scuola. E quando, a Roma per finire gli studi universitari, il Folkstudio giovani dove avevo iniziato a suonare era segnalato nei tamburini, io comparivo come tale Mimmo Ferri, perchè non volevo che mio padre pensasse che non studiavo. Ma lui ha sempre approvato e ammirato i miei esiti musicali. Sono diventato medico perchè in una famiglia di veterinari, medici, biologi, una madre insegnante di filosofia e con una ricchissima biblioteca che io frequentavo assiduamente, ho scelto la scienza. E non cambierei nulla di quello che ho fatto».

Ma l'annus mirabilis per il nostro è il 1975. Locasciulli, all'epoca 26enne, si laurea, inizia il lavoro in ospedale, si sposa e realizza il suo primo ellepì al Folkstudio a Trastevere, che inaugura un'etichetta discografica. «Nel tempio del cantautorato romano, dove suonavano Venditti, De Gregori, Guccini, Stefano Rosso» racconta «ho cominciato suonando due, tre canzoni la domenica, chitarra e voce, per poi tenere gli spettacoli serali da unico protagonista. E una sera vennero a sentirmi i produttori di Riccardo Cocciante e mi proposero il contratto con la Rca. Così è iniziata la mia carriera professionale nella musica».

Un percorso in crescendo, che passa per il folk e folkrock di fine anni Sessanta (grazie alla frequentazione di musicisti europei e americani incontrati a Perugia, sede di una prestigiosa università per stranieri, dove Locasciulli studia medicina prima di trasferirsi e laurearsi alla Sapienza di Roma), l'esperienza del Folkstudio negli anni Settanta, la successiva assidua collaborazione con Francesco De Gregori, il rapporto di amicizia e di collaborazione con Greg Cohen (musical director e contrabbassista di Tom Waits) che dura a tutt'oggi e lo ha portato alla realizzazione di quattro album: "Adesso glielo dico", "Tango dietro l'angolo", "Delitti perfetti" e "Uomini".

Fino al 2009, quando Locasciulli pubblica l'album Idra, registrato a New York, «un disco tematico sulle più grandi difficoltà dell'uomo di oggi. Il mio più importante, profondo e sofferto lavoro». Idra è prodotto da Cohen, Locasciulli e suo figlio Matteo negli studi Dubway di New York e concluso nello Studio Hobo Recording alle porte di Roma. L'album è impreziosito dalla partecipazione di due eccezionali musicisti statunitensi: Marc Ribot, considerato il più geniale ed innovativo chitarrista degli ultimi venti anni, e Joey Baron, indubbiamente un numero uno tra i batteristi viventi. Nell'album sono presenti anche due grandi jazzisti italiani, Stefano di Battista al sax e Gabriele Mirabassi al clarinetto.

Un bel ricordo? «Sono tutti bei ricordi», esclama il chirurgo cantautore abruzzese di Penne. Ma poi mette a fuoco qualche dettaglio: «Sono passati più di vent'anni, ero in concerto a Fondi e tra il pubblico c'era Felice Chiusano del mitico Quartetto Cetra. Venne a salutarmi e poi, a cena, gli dissi che ero abruzzese e che anche mio padre era cantante. Lo ricordo, disse lui. Il fatto che avesse identificato mio padre era già una gratificazione per me, così mi lanciai in una proposta indecente: posso sperare in una partecipazione del Quartetto in un mio prossimo disco? Un anno e mezzo dopo lo chiamai e lui carinamente disse ok, ma nel frattempo era venuto a mancare Tata Giacobetti. Fattostà che i Cetra parteciparono al mio disco "Adesso glielo dico" con la canzone "Arte moderna". Andai a Milano per incidere in studio con loro e per me quella fu una giornata indimenticabile».

«Ora sto pensando a canzoni nuove», annuncia Mimmo Locasciulli. «Ho in progetto la realizzazione di un live dei quattro concerti romani a teatro registrati in video, con la partecipazione di Alex Britti, Simone Cristicchi, Frankie Hi Energy, Giovanna Marini, 'Nduccio e altri. Si chiamerà "Radio Days", come i concerti, e ripercorrono la mia vita musicale contrappuntando con spezzoni di film. Il cinema» sottolinea «rappresenta una grande fonte di ispirazione nella mia musica. Nel cinema Ariston di Penne gestito da mia zia Memena, ho passato l'infanzia; lo inaugurarono a metà anni '50 e chiuso 25 anni fa. Per questo mi piace Tom Waits: è molto cinematografico. Nei testi delle mie canzoni mi piace descrivere le situazioni a flash e zoomate, come in un film».

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