L’Aquila, il popolo delle carriole sfida il divieto della protesta

Il sindaco Massimo Cialente vieta la protesta di domenica mattina delle carriole ma l’assemblea cittadina conferma la mobilitazione: «Andiamo avanti nella nostra protesta»

L’AQUILA. «Andiamo avanti nella nostra protesta, non riusciranno a dividerci, non riusciranno a strumentalizzarci». L’assemblea cittadina conferma la mobilitazione di domani mattina, già ribattezzata come «la rivolta delle carriole». L’idea che prevale è quella di arrivare a piazza Palazzo e rimuovere da lì le macerie, malgrado l’invito del sindaco Cialente a non superare i varchi.

Sono da poco passate le 16, quando il sindaco invia un comunicato per invitare i suoi concittadini a non andare oltre il varco dei Quattro Cantoni.
«Purtroppo dai sopralluoghi effettuati», scrive Cialente non senza rammarico, «è emerso che la situazione di alcuni grandi edifici, in particolare quello della biblioteca provinciale, è a grave rischio. Abbiamo cercato di verificare se vi fossero altre piazze, attualmente in zona rossa, dove poter far svolgere la manifestazione in modo sereno e sicuro. Con dolore devo informare che delle decine e decine di piazze, piccole e grandi, che erano il nostro orgoglio e il nostro punto di incontro, a oggi nessuna è in totale sicurezza».

Sempre ieri alle 16, in piazza Duomo, la piazza principale, si riunisce l’assemblea cittadina per decidere sul da farsi in vista della mobilitazione di domani. Si discute su come far arrivare le carriole in centro, su come e quali macerie spostare e, soprattutto, su dove spostarle. A chi predilige un’azione simbolica, il giovane Federico D’Orazio risponde: «È la nostra occasione per dimostrare a tutti che noi cittadini siamo in grado di provvedere da soli a una lacuna, quella delle macerie, le cui responsabilità sono da addebitarsi agli enti locali, alla Protezione civile e al nuovo commissario», riferito a Gianni Chiodi.

«Per questo», dicono alcuni, «le macerie sarebbe opportuno portarle davanti all’Emiciclo». Ma la proposta non piace a tutti. «Non possiamo rovinare una piazza che il terremoto ci ha lasciato quasi intatta», spiega Marcello Prosperococco, «dobbiamo elaborare strategie di protesta condivise». A Prosperococco si deve la creazione del gruppo di Facebook «Quelli che alle 3e32 non ridevano», sorto all’indomani della divulgazione delle intercettazioni. Un gruppo che in queste settimane ha raccolto 70mila adesioni. «Dobbiamo fare azioni che coinvolgano tutta la città», spiega, «ma se si tratta di forzare i blocchi non sono sicuro che la cosa possa trovare la partecipazione di tutti i cittadini».

Si dice perplesso sulla possibilità di arrivare fino a piazza Palazzo anche Antonio Di Giandomenico. «Non vorrei», commenta, «che attendessero un nostro errore come pretesto per ridimensionare questo movimento che sta crescendo di domenica in domenica». Il suo è un impegno genuino in favore della città. «Sono tra quelli, non più giovanissimi, che hanno cantato L’Aquila bella mè», racconta, «sono consapevole che il futuro sia dei ragazzi, ma di questo futuro voglio far parte».

Ma sono proprio i più giovani a suggerire un’azione più radicata, magari anche con la possibilità di portare le macerie direttamente in discarica con un furgone. Quale sia la discarica non è stato reso noto. Se qualcuno cita il movimento delle madri di Plaza de Mayo, l’associazione formata dalle madri dei desaparecidos, che si riuniva raccogliendo adesioni di settimana in settimana. Ma i più chiedono di andare avanti con il programma concordato.

«Siamo pronti a confermare la nostra mobilitazione sulle macerie e non abbiamo paura di entrare di nuovo a piazza Palazzo», dichiara Mattia Lolli, «non abbiamo paura e non dobbiamo farci intimorire da nessuno, né strumentalizzare politicamente».