Legnini: fondi Fas, ecco le proposte del Pd

Il senatore: cinque opere per lo sviluppo della regione, Chiodi deve cambiare strategia

PESCARA. Senatore Giovanni Legnini che cosa pensa sull'esclusione dell'Abruzzo dai Fas per il Piano del Sud?
«Voglio innanzitutto ricordare che i Fas sono stati stanziati dal governo Prodi nel 2006 per il periodo 2007/2013, corrispondente alla durata della programmazione dei Fondi europei. Erano 52 miliardi, messi a disposizione per metà del governo centrale e per metà delle Regioni. Nelle nostre intenzioni c'era un vero grande Piano per il Sud, Abruzzo compreso, di oltre 100 miliardi (tra fondi statali e europei) per le infrastrutture e l'economia, a partire dall'innovativo Piano industria 2015».

E invece?
«E' arrivato il governo Berlusconi che ha disperso i Fas nazionali in mille rivoli e la crisi del 2009-2010, che ha indotto il governo ad utilizzare anche una parte dei Fas regionali per gli ammortizzatori sociali e in parte per i piani di rientro sanitari. Per l'Abruzzo con i Fas nazionali avevamo programmato il completamento della Fondovalle Sangro per 91 milioni, del Porto di Ortona per 60 milioni, della Teramo-Mare per 40 milioni. Impegni svaniti a causa della volatilizzazione dei Fas nazionali».

E i Fas regionali?
«Per i Fas regionali l'Abruzzo aveva diritto a 854 milioni, oggi ridotti a 612 milioni. Il centrosinistra fece la prima programmazione agli inizi del 2008 mettendo dentro infrastrutture innovative ed economia, ad esempio la metropolitana di superficie Sulmona-Pescara con l'utilizzo della ferrovia esistente, un grande progetto che va recuperato. E ancora, la Via Verde sulla costa teatina, il campus dell'Automotive e molto altro. Poi arriva il centrodestra e cambia programmazione, sbagliando tre volte. Alla prima bocciatura del Cipe del 2010, seguono due rimodulazioni fatte in segreto non sappiamo da chi. Il risultato è noto: tutte le Regioni hanno avuto una prima tranche per complessivi 7,3 miliardi, l'Abruzzo zero, o meglio una briciolina da 12 milioni di euro per Roccaraso. Persino il Molise ci ha superato, vedendosi assegnare oltre 576 milioni di euro. Il motivo è chiaro: l'Abruzzo ha sbagliato programmazione, disperdendo le risorse e non concentrandole su obiettivi strategici chiari, come è scritto nell' ultima delibera Cipe e come noi abbiamo puntualmente proposto a dicembre 2010. La responsabilità è tutta e solo del governo regionale».

Il ministro Fitto ha detto che la prossima riunione del Cipe delibererà sul Fas Abruzzo. Vuol dire che sbloccheranno i fondi?
«La dichiarazione del ministro è parziale. È vero che all'Abruzzo i fondi non possono essere tolti e quindi saranno assegnati i residui dei Fas, perché non è che se una regione sbaglia programmazione gli vengono cancellati. Fitto non dice però perché l'Abruzzo e solo l'Abruzzo è stato escluso dal primo riparto».

Perché?
«Perché non c'è condivisione sul Par-Fas. E non dice che siamo stati esclusi con decisione difficilmente rimediabile dal finanziamento sulle infrastrutture strategiche, perché ogni volta che viene approvato l'allegato infrastrutture al Def, una sorta di piano regolatore infrastrutture nazionale, la nostra regione perde terreno. Perché non abbiamo progetti, ci accontentiamo di protocolli generici e non siamo presenti nel momento in cui si definiscono e si approvano questi documenti».

Chiodi cosa dovrebbe fare?
«Dovrebbe immediatamente convocare il tavolo del Patto per l'Abruzzo, adesso, non a settembre, e lì riesaminare punto per punto questo piano adeguandosi per davvero alle prescrizioni del Cipe, che dice con chiarezza che bisogna concentrare queste risorse su obiettivi strategici per lo sviluppo».

Il Pd che cosa propone?
«Noi abbiamo proposte precise che elaborammo a dicembre 2010, sufficienti a sostenere un piano credibile. A cominciare dal completamento dell'intelaiatura infrastrutturale dell'area Chieti-Pescara: interporto, aeroporto, porto di Pescara e porto di Ortona. Poi c'è la via verde della costa teatina: è positivo il protocollo firmato l'altro ieri. Poi il campus automotive, il sostengo al made in Italy, e la ripresa dell'economia dell'Aquila e nell'area del cratere, unendo alla Zona franca urbana, che deve partire e che è bloccato a Bruxelles, le risorse per sostenere la ripresa economica e occupazionale, interventi che sono indicati nel Masterplan».

Un oggetto misterioso.
«E' un documento ben fatto, che noi condividiamo, ma non ci hanno voluto ascoltare».

In che senso?
«Per mesi, io in modo solitario, ho sostenuto che questo programma non poteva essere finanziato se non cambiando la legge sul terremoto, che non contiene tra le priorità gli interventi sull'economia. Nel decreto la priorità è la ricostruzione delle case. Occorre una modifica di legge che consenta di utilizzare le risorse stanziate per la ricostruzione, anche, in linea prioritaria paritaria, per la ripresa dell'economia. Questo è il punto politico e giuridico che va affrontato e risolto. Se non si fa questo il Masterplan non partirà mai. La riprova è che quelle pochissime misure fatte per l'economia del cratere, zona franca e disinquinamento per la reindustrializzazione di Bussi, hanno richiesto la modifica del decreto terremoto, per legge, attingendo ai fondi del terremoto. È quello lo schema».

Ieri i partiti del centrosinistra si sono riuniti per iniziare il discorso sulle amministrative e sulle regionali. Il Pd vorrebbe anche l'Udc dentro la coalizione. Come stanno le cose?
«La situazione in Abruzzo è analoga alla situazione nazionale: il Pd è impegnato innanzitutto a definire l'alleanza politica e programmatica, a partire dai comuni dove si vota, con le forze del centrosinistra, ed è seriamente interessato a concludere l'accordo con l'Udc invertendo le decisioni di questo partito in questi due anni in Abruzzo».

Quindi la ritiene un'ipotesi praticabile?
«E' un'alleanza che possiamo fare forti dei risultati amministrativi di quest'anno, e forti e consapevoli del fatto che negli ultimi mesi in Parlamento, di fronte alla crisi drammatica politica e finanziaria, l'accordo con l'Udc è stato pressoché totale. In questi giorni abbiamo affrontato insieme l'intera vicenda della manovra, con una posizione unitaria. E' dunque abbastanza naturale che cerchiamo di declinare questa posizione nazionale anche sul territorio».

Questa posizione potrebbe comportare divisioni nel centrosinistra.
«Io penso che l'Abruzzo abbia bisogno di un grande cambiamento. L'attuale compagine politica non ce la fa. E non lo diciamo solo noi, basta parlare in privato con loro. Sono convinto che dentro questo arco di forze, il centrosinistra più il centro, sia possibile ricercare le ragioni di una grande alleanza per cambiare per davvero la Regione e farla tornare a crescere ai livelli quanto meno pre-crisi. Il nostro primo obiettivo è questo. Ogni discorso sulle alleanze è funzionale a questa necessità di grande cambiamento».

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