Neutrini, nuovo esperimento in Abruzzo

L'errore sulle particelle più veloci della luce causato da un'anomalia degli strumenti

L'AQUILA. Bisognerà aspettare maggio per avere una prima risposta sulla velocità dei neutrini.
Dopo l'annuncio dei dati del 23 settembre scorso, secondo i quali queste particelle sfuggenti e misteriose sembravano battere la velocità della luce, la scoperta di due anomalie negli strumenti utilizzati per rilevare le misure rimette tutto in gioco. L'ultima parola torna adesso agli esperimenti, come hanno annunciato, ieri, i responsabili della Collaborazione internazionale Opera per lo studio dei neutrini, nell'ambito dell'esperimento Cngs (Cern neutrino to Gran Sasso) che si basa sull'analisi dei neutrini sparati dal Cern di Ginevra e inviati a 730 chilometri di distanza ai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) all'Aquila.

Sono numerose, soprattutto dagli Stati Uniti, le voci di chi ieri ha sottolineato di non essere mai stato convinto dai dati presentati in settembre.

Tuttavia la questione non è in questi termini, come affermano i responsabili di Opera. Gli stessi ricercatori erano stati i primi a raccomandare prudenza nell'interpretazione dei dati e fin dall'inizio hanno fatto presente la necessità di vedere il risultato replicato in nuovi esperimenti, ripetuti sia nei Laboratori del Gran Sasso, sia negli Stati Uniti (con i fasci di neutrini prodotti dal Fermilab di Chicago e inviati per 730 chilometri al rivelatore dell'esperimento Minos) sia in Giappone (con l'esperimento T2k).

L'esperimento fra Cern e Gran Sasso sarà ripetuto una volta risolte entrambe le anomalie, per verificare le differenze rispetto ai dati rilevati nel settembre 2011. Ma l'ultimo parola arriverà, comunque, quando sanno conclusi anche gli esperimenti in Stati Uniti e Giappone.

Per il fisico Luciano Maiani, ex direttore generale del Cern di Ginevra, l'esperimento condotto dai fisici della Collaborazione Opera è stato «molto difficile, ma il comportamento dei ricercatori stato assolutamente corretto».

«Se i dati sui neutrini più veloci della luce fossero stati confermati senza problemi sarebbe stato come trovare un elefante al Polo Nord», ha detto Maiani.

«Fare una misura del genere con una precisione così spinta coinvolge numerose variabili», ha aggiunto lo scienziato, «e a complicare le cose c'è il fatto che fin dall'inizio l'esperimento non era nato per misurare la velocità dei neutrini, ma per osservare il fenomeno della loro oscillazione, quello per il quale un neutrino di un tipo può cambiare identità trasformandosi in un neutrino di un tipo diverso. Con il senno di poi», ha concluso Maiani, «si potrebbe dire perché non abbiano aspettato ad annunciare il risultato, ma non avrebbero potuto fare diversamente: ormai il dato dei 60 nanosecondi più veloce della luce stava circolando».

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