Rocco, ritorno con Oscar

«Ai giovani serve il Viagra e così sono di nuovo sul set».

Quentin Tarantino e Catherine Breillat lo ritengono un mito del cinema, apprezzamenti li ha avuti anche da Stefano Accorsi, e di certo è l’abruzzese più conosciuto al mondo dopo Gabriele D’Annunzio. Solo che lui fa un tipo di film che tutti hanno visto ma che in pochi ammettono di aver visto: quelli a luci rosse. Si chiama Rocco Tano, è di Ortona, ma è noto in tutto il mondo come Rocco Siffredi.
Abruzzese orgoglioso di esserlo è riuscito a stare lontano dai set hard non più di quattro anni. Dopo i 40 aveva deciso di smettere per passare dietro la macchina da presa, ma non ha resistito. Sabato scorso ha avuto a Las Vegas l’ennesimo premio per i suoi film ed è tornato prepotentemente alla ribalta con un nuovo sito (realizzato in Canada, www.roccosiffredi.com).
Negli Stati Uniti è un divo (in America del nord l’industria del porno fattura più di baseball e basket messi insieme) ed è conosciuto e amatissimo (soprattutto dalle donne, ovviamente).
In questa intervista parla del suo rientro, della sua famiglia, di Ortona, dell’Ungheria, dove vive da 13 anni, dell’accusa di evasione fiscale e del terremoto dell’Aquila.

Tutti sanno che denaro e sesso muovono la società ma nel 2010 sul secondo c’è ancora tanta ipocrisia, non trova?
«A livello artistico c’è un doppio pensiero. Gli attori, i registi, mi apprezzano, perché loro sanno che già recitare nudi davanti a 20 persone per un film è difficilissimo. Figuriamoci cosa vuol dire fare quello che faccio io. Mi fa molto piacere quando sento dire da Catherine Breillat (autrice di “Romance” con Rocco in versione non hard, ndr) e da Quentin Tarantino: “Tu sei il nostro mito”. Certo, non facciamo film sentimentali. Il rovescio della medaglia è che la gente fa di tutta un’erba un fascio. Per esempio ci sono cose brutte, vergognose, che io combatto con ogni mezzo come la pornografia infantile. La cosa positiva del porno è che ti lascia vivere tutti i tuoi sogni. La cosa negativa è che si chiama porno. Oggi poi anche le attrici hard vogliono delle scene sempre più forti, estreme. Ma bisogna stare attenti innanzitutto nel rispetto delle persone, delle donne, in particolare, e poi perché queste scene forti possono portare a delle esagerazioni, inutili e dannose».

Agli oscar del porno a Las Vegas hanno premiato lei, ma anche due ragazze «normali», non siliconate, non esagerate nel fisico, Sasha Grey e Tori Black. Sta cambiando pure il vostro ambiente?
«Sono molto contento per Tori Black che è molto brava. Sembra una ragazza di una famiglia borghese di Pescara. Ed è per questo che è molto sexy, è molto vera».

Lei è tornato sul set, ma ha 45 anni e mezzo. Non è proprio l’età giusta per il suo tipo di lavoro.
«Quando ho ricominciato ero un po’ titubante. Ma, in particolare qui negli Stati Uniti (da dove telefona, ndr) ho trovato una lista di attesa di f... che vogliono fare sesso con me, ragazze di 18-20 anni. Mi fa piacere ovviamente, ma è vero: alla fine della serata mi sento un po’ stanco, sarà che dopo 20 anni le performance sono tutte uguali. Sul set sono sempre io: tre, quattro, cinque volte, non c’è problema. Certo, dopo una settimana, dieci giorni di riprese, la sera sono stanco morto».

Sua moglie, i suoi figli (che hanno 13 e 10 anni), cosa le hanno detto?
«Ho una moglie pazzesca (Rosa, ungherese, anche lei ha recitato in alcuni film del marito, ndr), mi ha detto “Io non ti ho mai chiesto di smettere e quindi non ti preoccupare”. Il figlio più grande, Lorenzo, ha capito e fa finta di niente. Al piccolo, Leonardo, non gliel’ho ancora detto perché qualche tempo fa lui mi disse “Ma adesso lo fai solo con mamma?” E io per non deluderlo gli ho detto di sì. Il primo è proprio un ungherese, come la mamma, il piccolo è in tutto ortonese, come me. Ma io sono felice della mia famiglia, da abruzzese ci tengo moltissimo».

Ma perché è tornato sul set?
«Perché un sito Internet canadese mi ha fatto una bella offerta e perché i giovani d’oggi sono mezzi mosci. Vedi ragazzoni di 20, 23 anni, tutti belli, palestrati che si devono fare le iniezioni lì, per farselo venire duro. A loro non basta più nemmeno il Viagra. Ma che è? Ma il bacio, la passione, la donna, non c’è più niente? Poi, onestamente, la crisi c’è e si sente da anni. Internet è una grande risorsa ma ci sono tanti, tantissimi siti gratis, che vivono con la pubblicità e lì trovi di tutto (anche cose orrende). Però, evidentemente, c’è voglia di sesso anche a pagamento su Internet se c’è Rocco Siffredi. Il mio sito viaggia a colpi di 80-100 abbonamenti al giorno, nel week end anche 200».

A proposito di soldi. Lei ha avuto qualche grana anche con la Guardia di finanza, qui in Italia.
«Sì, ma francamente non ho capito cosa volevano da me. Il nostro primo figlio è nato nel 1996, l’anno dopo mia moglie ha voluto tornare in Ungheria. Viviamo a Budapest dal 1997, lì ho una casa di produzione e lavoro tra Ungheria, Francia e Stati Uniti. Non ho più la residenza a Ortona dal 2001, ma il Comune, per un disguido burocratico, non ha registrato il mio cambio fino al 2005. Mi hanno detto: “Ma lei ha delle aziende all’estero”. E dove dovrei averle? Non vivo in Italia da più di dieci anni. Mi hanno pure contestato i diritti d’autore. Mi sono messo a ridere e mi dispiace che la Finanza non sappia che i diritti d’autore nel porno non esistono. Ho detto al maresciallo: “Guardi se riesce a farmi recuperare pure l’1 per cento ce ne andiamo insieme alle Maldive per tutta la vita”. Ora ho dovuto prendere un bravo commercialista, il più bravo di Pescara, che mi ha consigliato il mio amico Jarno Trulli».

Lei ha lavorato con Moana Pozzi, su cui Sky ha registrato un film in due puntate. L’ha visto?
«Certo che l’ho visto. Di Moana ho un ricordo molto positivo, come donna e come personaggio. La fiction era meglio che se la evitavano. Violante Placido e l’attrice che interpretava Cicciolina si salvano, sono credibili. Per il resto l’unica cosa buona è che hanno reso omaggio a Moana. Hanno rappresentato il porno come un mondo di eroinomani. Io e Roberto Malone abbiamo fatto tutti i film con Moana e non c’era mai l’eroina. Quando devono parlare del porno devono parlarne male. Moana non era una ninfomane, ma non era nata per fare questo lavoro».

Lei rimane sempre molto legato al suo Abruzzo.
«Certo, e devo dire che mi è dispiaciuto molto del terremoto all’Aquila. Vedere come ci siamo comportati dopo mi ha reso ancora più orgoglioso di essere abruzzese. Ero a Roma quel giorno, in un hotel, tremava tutto. Torno sempre meno spesso a Ortona e quando posso andarci vado a salutare mio padre, mia sorella. E’ solo Ortona che mi dà la misura del tempo. Quando arrivo nella mia città mi dà la misura di una persona che è esistita prima di Rocco Siffredi».