TURNO DI NOTTE

Il fango e le rose della nostra vita perduta

Vorremmo che tutto cambiasse ma anche che ogni cosa fosse come prima. Nel nostro claustrofobico viaggio quotidiano fra divano e balcone, cucina e camera da letto, sogniamo il futuro senza sapere bene che cosa desiderare. La vita normale, come ci siamo abituati ormai a chiamare ciò che abbiamo lasciato fuori dalla porta un mese fa, ci appare come un enigma. Vorremmo che la nuova vita fosse diversa, migliore, più pulita e corretta di quella che ci sta alle spalle. Ma ciò che ci manca davvero non è una nuova vita ma quella vecchia, sì, quella senza mascherina e con tutti i (molti) difetti e i (pochi) pregi in cui siamo cresciuti. Sì perché la palingenesi, il rinnovamento totale al quale pure aspiriamo, un po’ ci spaventa. Una vita perfettamente regolata e priva di magagne ci appare troppo simile all’asettica teoria di giorni ai quali il virus ci ha costretti: questa esistenza vissuta nella paura dell’altro. No, non è questa la vita che vorremmo indietro. Quella di cui ci sentiamo derubati è la vita sgarrupata piena di impicci e di incazzature che ieri ci sembrava intollerabile e che oggi ci appare un eden sbiadito. Le rose perdute della vita che desideriamo davvero sono quelle piene di spine, quelle che nascono dal fango della nostra derelitta, imperfetta umanità.
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