Giovanni Legnini

"Toghe in tv, anomalia italiana"

Il vice presidente del Csm, Legnini: c'è bisogno di recuperare equilibrio

ROMA. Dopo le polemiche seguite alla partecipazione del magistrato Piercamillo Davigo a Dimartedì su La7, che ieri è intervenuto anche sulle pagine della Corriere della Sera, arriva un netto altolà dal vicepresidente del Csm, l'abruzzese Giovanni Legnini, alla sovraesposizione mediatica delle toghe: «In nessun Paese europeo è consentito passare con tanta facilità dai talk show alle prime pagine dei giornali e a funzioni requirenti e giudicanti fino alla presidenza di collegi di merito e di Cassazione». Legnini, intervenuto al congresso straordinario dell’Unione delle Camere penali, non nomina esplicitamente Davigo, ma tiene ad esprimere la sua avversione al costume che definisce «tutto italiano» delle toghe star di televisioni e giornali. «Non è in discussione - ha precisato - il diritto alla libertà d’espressione, che è costituzionalmente garantito, ma c’è bisogno di recuperare senso di responsabilità, un esercizio equilibrato delle funzioni, tanto più se si parla di funzioni giudiziarie». Il vicepresidente ha poi spiegato che «non ci sono norme per arginare questo fenomeno. Arginarlo spetta a tutti i protagonisti, a chi tiene al rispetto sacrosanto dell’indipendenza e dell’imparzialità della magistratura che deve essere percepita come tale dai cittadini». Davigo, da parte sua, dopo l’apparizione in tv, ha concesso un’intervista al Corriere per annunciare querela contro Il Giornale che aveva riferito di vertici segreti tra l’ex toga di Mani Pulite e Beppe Grillo per far fuori Silvio Berlusconi dalla politica. E critiche - anche all’interno di Palazzo dei marescialli - avevano suscitato le sue dichiarazioni su politici e prescrizione. Alla platea dei penalisti il vicepresidente del Csm ha poi parlato di separazione delle carriere dei magistrati, commentando la raccolta di firme per un progetto di legge in materia che ha registrato oltre 70mila adesioni. «Nei dieci anni di attuazione della riforma nell’ordinamento giudiziario - ha ricordato - il principio della distinzione delle funzioni è andato via via consolidandosi ed i percorsi professionali di giudici e pm vanno sempre più distinguendosi».