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1 Gennaio

Oggi, ma nel 1980, a Busca, in provincia di Cuneo, lungo la strada per l'eremo, veniva ritrovato, adagiato alla sua Fiat 127 rossa, il cadavere di Angelo Delfino, di 43 anni, di Villar San Costanzo, operaio alla Michelin di Cuneo, ammazzato, nella serata dell'ultimo giorno del 1979, con un colpo di pistola, calibro 22, alla testa. Per festeggiare la notte di San Silvestro si era appartato con una collega di lavoro, la cui identità non verrà resa nota per proteggerla, poiché la donna oltre a essere sposata con un altro uomo era riuscita a salvarsi dall'agguato mortale fuggendo tra le sterpaglie, nonostante fosse stata ferita da un proiettile. L'omicidio, che rimarrà irrisolto, darà vita alla teoria della presenza di un killer seriale con l'attenzione criminale focalizzata su coppie clandestine. La lista che verrà stilata dall'osservatorio di psicopatologia forense dell'università "La Sapienza" di Roma lo schederà come "mostro di Cuneo". L'ipotesi di un uccisore con modalità operative ricorrenti verrà avvalorata dall'esecuzione, il 18 ottobre 1990, a Crissolo, sempre in quel di Cuneo, di Aldo Bruno, geometra del catasto cittadino, di 30 anni, insieme alla collega di ufficio Felicina Bruggiafreddo, di 37, vicino la ex discarica comunale, nel camper di lui, a colpi di pistola 357 Magnum. In quel frangente verranno soppressi entrambi. L'altro episodio, il terzo, avverrà, l'1 novembre 2000, nello spiazzo antistante il santuario della Madonna della riva di Cuneo, e a lasciarci la vita sarà Giovanni Sacchi, insegnante di chitarra, di 27 anni, accompagnato da Paola Barale, studentessa della scuola infermieri dell'ospedale cuneese Santa croce, di 21. L'uomo verrà fatto fuori, a colpi di pistola 357 Magnum, approfittando del tentativo di ritagliarsi qualche ora di intimità nella sua Fiat Punto. Lei, anche in quel caso, nonostante le ferite riportate, riuscirà a mettersi al riparo e a sopravvivere. Anche questi altri due saranno destinati a rimanere gialli, ambientati intorno al corso del fiume Stura, senza un colpevole assicurato alla giustizia. Solo dopo l'articolo sulla Gazzetta di Saluzzo del 21 marzo 2013, nel quale l'avvocato penalista Alessio Ghisolfi riposizionerà l'attenzione sul cold case dell'eremo di Busca, nell'ambito di sue ricerche su casi criminali irrisolti della zona, il legale riceverà una lettera anonima, cartacea (nella foto), scritta su quattro facciate, con indicazioni utili per tentare di far un pochino di luce sull'accaduto di 33 anni prima.

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