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10 giugno

Oggi, ma nel 1924, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, la squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini rapiva il deputato socialista Giacomo Matteotti, verosimilmente su mandato di Benito Mussolini, presidente del Consiglio dei ministri, che voleva silenziare il più autorevole oppositore alla propria ascesa in Parlamento.

L’onorevole di Fratta Polesine, di 39 anni, segretario nazionale del Partito socialista unitario, veniva ucciso contestualmente, presumibilmente con una lima, che non verrà ritrovata, dopo essere stato stordito a bastonate. Il corpo senza vita verrà rinvenuto, a Riano, nel bosco di Macchia della Quartarella, a 25 chilometri dalla Capitale, il 16 agosto successivo, dopo tortuose ricerche, da Ovidio Caratelli, brigadiere dei carabinieri, figlio di “Cencione”, Vincenzo Caratelli, guardiano della tenuta del principe Francesco Boncompagni Ludovisi.

La cosiddetta “Ceka del Viminale”, che faceva riferimento a Cesare Rossi  che fino al 16 giugno successivo farà parte del quadrumvirato al vertice del Partito nazionale fascista, insieme a Giovanni Marinelli, Alessandro Melchiori e Roberto Forges Davanzati - era composta, oltre che dal già menzionato Dumini, da: Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. Che non erano propriamente dei raffinati gentiluomini.

Il 3 gennaio 1925, alla Camera, il Duce assumerà pubblicamente la responsabilità politica, morale e storica dell’omicidio, ma non quella materiale. Matteotti dopo il processo farsa di Chieti, dal 16 al 24 marzo 1926, più il successivo iter giudiziario, diverrà martire della Repubblica. Ma più in generale assurgerà a santino laico della lotta al sopruso partitico. Tra le ragioni del sequestro con tortura (nella foto, particolare, la locandina della pellicola “Il delitto Matteotti”, del regista Florestano Vancini, con Franco Nero, che uscirà nelle sale cinematografiche il 13 settembre 1973), poi scivolato in eliminazione, c’era, oltre alla già avvenuta denuncia matteottiana sui presunti brogli del voto del 6 aprile precedente, effettuato nel clima di violenza in orbace e con la legge elettorale escogitata da Giacomo Acerbo, la futura rivelazione della scottante indagine sulla corruzione governativa inerente la concessione petrolifera alla Sinclair Oil.