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11 FEBBRAIO

Oggi, ma nel 1886, a Roma, veniva data esecuzione dal VIII governo, guidato dal presidente del Consiglio dei ministri Agostino Depretis, della Sinistra storica, attraverso l’azione del ministro degli Affari esteri Carlo Felice Nicolis, conte di Robilant, e di quello della Marina, l’ammiraglio Benedetto Brin, alla lotta contro la tratta degli schiavi, anche da parte del Belpaese che era tra le ultime nazioni europee ad adoperarsi contro i negrieri. Il provvedimento dava esecuzione alla dichiarazione che era stata firmata, il 21 dicembre 1885, al Cairo, attraverso la quale il regno d’Italia aveva apposto la propria adesione alla convenzione stipulata, il 4 agosto 1877, tra i rappresentanti di Gran Bretagna e d’Egitto, proprio per cercare di ridurre lo schiavismo. Pratica che riguardava particolarmente il traffico di africani.

La regia Marina militare tricolore, con il viceammiraglio Guglielmo Acton, capo di Stato maggiore, e con il suo successore, il fratello Ferdinando, avrà ruolo di rilievo nel lungo e tortuoso percorso di riduzione ed abolizione delle catene apposte dagli uomini ai loro simili e, conseguentemente, le crociere cariche di vite destinate ai lavori forzati (nella foto, particolare, un’incisione raffigurante una delle fasi della deportazione). Soprattutto operando nei due teatri marittimi extra europei particolarmente afflitti dal commercio di braccia da lavoro: il Mar Rosso e la costa orientale africana. In quel periodo infatti la pratica resisteva soprattutto in Etiopia, dove verrà abolita soltanto nel 1936, con l’occupazione italica, e nella penisola arabica.

Di fatto i mercati schiavistici più frequentati avevano luogo a Zanzibar ed in Sudan. Il 7 luglio 1887, come prima grande azione concreta, il conte Pietro Antonelli, in rappresentanza dell’esecutivo romano, siglerà con il sultano dell’Aussa Ahmed Sanfari il trattato per impedire il transito alle carovane negriere nei domini in quel regno degli Afar dell’Etiopia orientale confinante con il Gibuti.