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11 maggio

Oggi, ma nel 1849, a Livorno, si concludeva nel sangue l'assedio austriaco della città toscana iniziato il giorno precedente dai 18mila soldati, comandati da Costantino d'Aspre, armati di 50 cannoni, giunti per permettere la restaurazione del granduca Leopoldo II, esiliato a Gaeta, subito dopo aver conquistato Pisa, fronteggiati dai rivoltosi, che erano appena 1800, guidati da Andrea Sgarallino, Giovanni Guarducci e Enrico Bartelloni, che volevano opporsi alla dominazione rimanedo nella forma di governo presieduta da Guarducci.

Le barricate alzate in via Solferino, via Palestro e piazza San Marco, non furono sufficienti a frenare l'avanzata austriaca. Dopo aver fatto suonare le campane del palazzo del Municipio, in segno di allarme, erano stati fatti partire i primi colpi di cannone degli insorti livornesi contro gli austriaci. Ma anche i pezzi da tiro erano nettamente inferiori rispetto a quelli degli austriaci. Così il vescovo Girolamo Gavi aveva convocato d'urgenza i consoli di Francia, d'Inghilterra e degli Stati Uniti per provare, invano, un tentativo di mediazione e scongiurare lo scontro. Costantino d'Aspre, data la schiacciante superiorità numerica dei suoi uomini, aveva offerto la possibilità di resa agli insorti, ma questa opportunità era stata respinta con sdegno. Anche per questo, avuta la meglio, i vincitori saccheggiarono tutto ciò che riuscirono a trovare e devastarono la città.

Furono 90 i livornesi fucilati. Una parte dei loro nomi campeggeranno in due delle tre lapidi murarie di Porta San Marco (nella foto particolare), apposte nel 1889, a 40 anni dai fatti, nei giorni della commemorazione. Nel 1906, in occasione della ricorrenza degli avvenimenti del 10-11 maggio 1849, il gonfalone livornese verrà insignito della medaglia d'oro del Risorgimento nazionale, alla memoria.