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16 LUGLIO

Oggi, ma nel 1647, a Napoli, veniva giustiziato, a 27 anni, il napoletano Tommaso Aniello d’Amalfi, detto “Masaniello”, principale protagonista della rivolta che, dal 7 al 16 luglio, aveva aizzato la popolazione partenopea ad insorgere contro il governo del vice-re spagnolo, ovvero Rodrigo Ponce de Leon, quarto duca d’Arcos, a causa della eccessiva pressione fiscale e della reintroduzione della odiosa gabella sulla frutta.

Le tasse servivano al governo centrale di Madrid per finanziare sforzi bellici, ma riducevano alla fame i ceti più umili. Masanielo, pescatore, pescivendolo e contrabbandiere nella vita di tutti i giorni, era stato elevato al rango di capitano generale del popolo napoletano (nella foto, particolare, illustrazione 33 di Tancredi Scarpelli, per la Nerbini edizioni di Firenze, del 1931, contenuta nella "Storia d’Italia narrata al popolo", di Paolo Giudici, volume III, pagina 507) nei sette giorni della effimera “rivoluzione dei pezzenti”.

Masaniello aveva ottenuto quel grande successo d’insurrezione all’ombra del Vesuvio anche col raffinato contributo di sapere don Giulio Genoino, principale consigliere e mentore. Quindi Masaniello era stato tradito dai suoi stessi seguaci e, dopo essere stato venerato come un santo laico, era stato bollato come pazzo. Pazzia verosimilmente causata da avvelenamento di Reserpina, allucinogeno somministratogli di nascosto in un banchetto tenuto nella reggia spagnola.

Il Masaniello pazzo era un mito montato ad arte dai suoi oppositori anche a causa del suo ultimo discorso alla gente, effettuato il 13 luglio precedente, ritenuto delirante per la modernità dei contenuti.

Catturato, Masaniello era stato tradotto in carcere dalle forze spagnole, quindi fucilato a colpi di archibugio sulla porta della cella, decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio come un cencio, gettato nel fosso tra Porta del Carmine e Porta Nolana tra i rifiuti, mentre la testa veniva portata in dono al vice-re, anche quale prova della effettiva morte di quello che era reputato il nemico numero uno degli interessi economici del reame. Ma la rivolta popolare proseguirà, sostituendo Masaniello con l’armaiolo Gennaro Annese, che il 22 ottobre, come generalissimo, sarà alla testa della Real Repubblica napoletana, filo-francese, ufficialmente sotto la guida di Enrico II di Guisa, entità che resisterà fino al 5 aprile 1648.

Masaniello e la sua triste sorte entreranno di diritto nella cultura napoletana, sia popolare che alta. Persino l'iconico attore teatrale napoletano Eduardo De Filippo dedicherà alla vicenda un libro, intitolato "Tommaso d'Amalfi", che verrà pubblicato dalla casa editrice torinese Einaudi nel 1980.