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21 OTTOBRE

Oggi, ma nel 1961, in tutta Italia, usciva per l’etichetta discografica Ricordi, di Milano, “Gino Paoli”, il primo album dell’omonimo cantautore genovese, benché nato a Monfalcone, in provincia di Gorizia, di 27 anni.

A trainare il disco, due pezzi già rodati da esecuzioni di altri cantanti. Erano: “Senza fine”, portato alla ribalta da Ornella Vanoni (nella foto, particolare, al lavoro insieme) alla quale era legato sentimentalmente in quel periodo -prima di incontrare Stefania Sandrelli, per la quale, verosimilmente, si sparerà un colpo di pistola al cuore, l’11 luglio 1963, tentando il suicidio, ma non riuscendo a trovare la morte- e “Il cielo in una stanza”, intonato già da Anna Maria Mazzini “Mina” e scritta da Paoli con “Mogol”, Giulio Rapetti, e “Toang”, Renato Angiolini, che aveva sancito la definitiva affermazione di Paoli come cantautore nel panorama discografico del Belpaese. Diverranno pietre miliari della musica leggera tricolore.

Poi nel vinile c’erano altre due tracce importanti, erano “La gatta”, autobiografica, che era stata già pubblicata nel singolo “La gatta/io vivo nella luna”, dello stesso anno, e “Un uomo vivo”, che si era poi classificata al decimo posto nell’undicesimo festival di Sanremo, del 26 gennaio-6 febbraio di quell’anno. Era stata portata sul palcoscenico del Casinò dall’esordiente Paoli insieme a Tony Dallara, che con Renato Rascel si era aggiudicato l’edizione precedente della kermesse della città dei fiori con l’iconico brano “Romantica”.

Il 1961 era però anche l’anno che segnava l’inizio della dipendenza dal whisky di Paoli, che andrà avanti per 15 anni, fino al 1976, quando deciderà di disintossicarsi.