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22 Gennaio

Oggi, ma nel 1986, a Dakar, in Senegal, Giacomo Vismara, su camion Mercedes Unimog 4x4 U 1300 L (nella foto, il modellino in scala 1/43 che andrà a ruba tra gli appassionati), col navigatore Giulio Minelli, sul mezzo contrassegnato dal numero di partenza 665, dell'Honda racing team Italia, nel tempo di 82h52'19", vinceva l'ottava edizione della Parigi-Dakar. La gara era cominciata dalla capitale francese, l'1 gennaio precedente, e si era articolata in 18 tappe, per 22 giornate, per un totale di 7.731 chilometri di tracciato a tempo e 15mila di trasferimento. Vismara era il primo italiano, in assoluto, a salire sul gradino più alto del raid destinato ad entrare nella storia mondiale delle competizioni a motore disputate fuori dalle piste. Prenderà parte alla sfida organizzata dal pilota francese Thierry Sabine, in totale, 25 volte. La prima partecipazione di Vismara era datata 1984, ma era avvenuta su una macchina, la Range Rover, in coppia con Felice Agostini, ed era giunto a tagliare il traguardo come 60°. Poi, dal 1985, era stato alla guida di un mezzo pesante, la prima versione allestita per il raid africano dell'Unimog a 4 ruote motrici della casa di Stoccarda fondata nel 1926. Si trattava di una rivisitazione da gara dell'arcinoto "Universal-motor-gerät", in tedesco, cioè "veicolo universale a motore", creato, nel 1948, da Daimler-Benz, per essere utilizzato nei campi per la coltivazione delle rape, nelle ferrovie e come muletto da trazione per spostare gli aerei. Di Cenate Sopra, in provincia di Bergamo, classe 1951, nel 1987 Vismara avrà come co-pilota l'attore comico Renato Pozzetto, sempre su Mercedes Unimog, e si classificherà quinto. Dal 1988 al 1998 tornerà a confrontarsi tra le dune del deserto su un'auto, per poi ripresentarsi su un tir dal 2000 al 2011. Nel 1990 e nel 1991, su Suzuki e su Range Rover, sarà affiancato dall'esploratore Ambrogio Fogar. Quest'ultimo sarà vittima dell'incidente che lo renderà incapace di camminare proprio facendo da secondo a Vismara, nel raid Parigi-Mosca-Pechino, il 13 settembre 1992, nel deserto del Turkmenistan, nell'ottava tappa, da Nebit-Dag a Darvazy, al chilometro centodieci. Quella del 1986 era stata la Parigi-Dakar entrata nell'immaginario collettivo prima ancora del trionfo tricolore, per la scomparsa, il 14 gennaio precedente, di Sabine, che era sull'elicottero precipitato nell'incidente costato la vita anche al cantautore transalpino francese Daniel Balavoine e all'ingegnere aerospaziale svizzero Xavier Francois Bagnoud. Il 24 gennaio, inoltre, morirà anche il motociclista bergamasco Giampaolo Marinoni, della Polizia stradale di Milano, che era iscritto su Cagiva, per i postumi dell'incidente occorso a 40 km dall'arrivo, nell'ultima tappa che vedeva Vismara vittorioso, la Sali Portudal-Dakar. Marinoni era stato sbalzato dalla sella nel percorso sabbioso, riuscendo però a ripartire e terminando in tredicesima posizione della classifica generale. Ma la sera stessa era stato ricoverato in ospedale, a Dakar, per i danni riportati al fegato e l'operazione d'urgenza era stata inutile. Per vedere un altro italiano giungere per primo a chiudere la massacrante sfida bisognerà attendere un altro 22 gennaio, quello del 1988, con Edi Orioli, su moto Honda NXR 800 V. Se i rappresentanti del Belpaese saranno forti tra le due ruote -in ordine cronologico, dopo Orioli sarà la volta di Fabrizio Meoni, nel 2001, su Ktm LC4 660 R- e tra i camion -nel 1990, in quel non facile segmento trionferà Giorgio Villa, su Perlini 105 F- tra le automobili, invece, non ci sarà mai un primo classificato italiano.

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