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22 MARZO

Oggi, ma nel 1868, a Venezia, in piazza San Marco, si teneva la cerimonia funebre per salutare il rientro in città delle ceneri del patriota veneziano Daniele Manin, già presidente della Repubblica di San Marco, dal 17 marzo 1848 al 22 agosto 1849, morto a Parigi il 22 settembre 1857. L’iniziativa (nella foto, particolare, la folla e le autorità radunate per l’occasione) era anticipata dalla processione che si snodava lungo la Riva degli Schiavoni. L’urna tornava nella città lagunare dopo oltre due anni dal termine della III guerra di indipendenza italiana, conclusa il 12 agosto 1866 con la vittoria italiana contro l’impero asburgico, quindi la conseguente liberazione della città marciana e l’annessione al regno tricolore del Veneto, di Mantova e delle parti del Friuli corrispondenti alle province di Udine e di Pordenone. Al termine della manifestazione di cordoglio, le ceneri di Manin venivano sepolte all’esterno della basilica di San Marco, sul lato sinistro, in quanto, stando al diritto napoleonico, era ormai proibita la tumulazione negli edifici di culto. Manin, classe 1804, avvocato, era stato imprigionato nelle carceri austriache per la sua attività patriottica e liberato, a furore di popolo, il 17 marzo 1848, insieme a Niccolò Tommaseo.

Quest’ultimo, tra l’altro, autore nel 1830, della pubblicazione del “Dizionario dei sinonimi e contrari” e nel 1861 di quella del “Dizionario della lingua italiana” insieme a Bernardo Bellini. Quindi Manin aveva contribuito alla fondazione della Società nazionale italiana, associazione sorta a Torino, con lettera del 29 maggio 1856, su ispirazione di Camillo Benso conte di Cavour, volta all’unificazione italica secondo il principio dell’indipendenza dalle altre potenze, ma con l’appoggio di casa Savoia. Particolarmente pesante per Manin era stato l’esilio francese, funestato anche dalla morte della moglie Teresa, a causa del colera, a Marsiglia, e poi da quella della figlia Emilia, per epilessia, nella capitale transalpina. Egli stesso aveva rivelato, prima di spirare, la profonda amarezza per il trapasso lontano dalla Piccola patria e soprattutto dalla Patria non ancora unificata.