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23 GIUGNO

Oggi, ma nel 1978, a Torino, nell’ex caserma Alessandro Lamarmora di via Asti, si chiudeva il primo e controverso processo al nucleo storico delle Brigate rosse. Terminava con la condanna, complessivamente a 210 anni di carcere, per banda armata, di Renato Curcio, Alberto Franceschini, Paolo Ferrari, Prospero Gallinari, Alfredo Buonavita, Piero Bassi, Piero Bertolazzi, Loris Paroli, Arialdo Lintrami, Vincenzo Guagliardo, Mario Moretti, Rocco Micaletto. Crollava il postulato brigatista secondo il quale la rivoluzione, quella con le armi in pugno, non potesse essere processata in un'aula di tribunale.

L’iter giudiziario era iniziato, formalmente, il 17 maggio 1976. Ma poi erano subentrati rinvii e ritardi dovuti al clima di terrore e alle difficoltà pratiche. Alla fine la corte si era ritirata in camera di consiglio il 19 giugno scorso. La sentenza veniva letta dal magistrato Guido Barbaro (nella foto, particolare), con funzione di presidente, alle 16,20 alle 16,40 del 23 giugno 1978. Era considerata la faticosa rivincita dello Stato contro coloro che volessero demolire le istituzioni. Nel corso del processo, tecnicamente considerato della durata di 107 giorni, la città sabauda aveva assistito alla defezione dei componenti della giuria popolare. In giurati erano spaventati dal carico di rischi da affrontare e dalle scariche di piombo disseminate nelle strade. E poi si erano verificati 3 omicidi di peso, messi a segno sempre dalla banda armata con la stella a cinque punte.

 I morti erano stati: Francesco Coco, procuratore generale, ucciso a Genova, l’8 giugno 1976; Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati torinesi, freddato a Torino, il 28 aprile 1977; Rosario Berardi, maresciallo di Pubblica sicurezza, fatto fuori anche lui a Torino, il 10 marzo 1978. Più di tutti gli agguati mortali aveva influito la soppressione di Croce. A questo stato dell’arte s’era aggiunto poi il delitto di Antonio Esposito, commissario di Polizia, avvenuto ancora a Genova, proprio due giorni prima, il 21 giugno 1978. Senza ignorare gli assalti che avevano determinato le temutissime gambizzazioni. Oltre, ovviamente, al condizionamento generale causato dall’iconica vicenda, avvenuta sempre per mano brigatista, del sequestro e della soppressione di Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, dal 16 marzo 1978 al ritrovamento del cadavere, a Roma, il 9 maggio 1978, in via Michelangelo Caetani.

Il processo di Torino alle Br entrava nella storia dei cosiddetti anni di piombo del Belpaese, come verrà raccontato nelle 224 pagine del volume scritto da Emilio Raffaele Papa intitolato proprio “Il processo alle Brigate rosse”, pubblicato da Franco Angeli, di Milano, nel 2017.