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26 Gennaio

Oggi, ma nel 1896, a Roma, con regio decreto numero 5 del 26 gennaio 1896 il governo, presieduto da Francesco Crispi, dichiarava lo stato di guerra nella colonia italiana d'Eritrea, la primogenita, e nei territori da essa dipendenti, dove il governatore era, dal 28 febbraio 1892, Oreste Barattieri. Quest'ultimo rimarrà in carica fino al 22 febbraio, quando cederà l'incarico al successore Antonio Baldissera, che a sua volta manterrà la posizione fino al 16 dicembre 1897, per lasciare l'ufficio a Ferdinando Martini, che vi rimarrà fino al 25 marzo 1907, e si attesterà come il funzionario più longevo in quel ruolo. Ma la data del 26 gennaio era più che simbolica nell'Italia umbertina. Nello stesso 26 gennaio, ma nel 1887, infatti, quando come presidente del consiglio dei ministri c'era il predecessore di Crispi, Agostino Depretis, una colonna di truppe italiane, composta da 522 soldati, al comando del tenente colonnello Tommaso De Cristoforis, mentre tentava di portare rifornimenti da Moncullo a Saati, era stata attaccata, a Dogali, a 20 chilometri da Massaua, la futura capitale, dagli uomini di Alula Engid, ed erano stati uccisi 435 militari dello schieramento tricolore: 413 componenti della truppa e 22 ufficiali. Si erano salvati un ufficiale e 86 soldati. Il giorno precedente, 25 gennaio 1887, c'era stato l'assedio di Saati, dove si erano confrontati i rinforzi del maggiore Giovanni Boretti contro le riserve di ras Alula, detto il Garibaldi d'Abissinia. Quella tensione aveva logorato non poco le energie e l'umore dei combattenti italici. La sconfitta della colonna nazionale a Dogali aveva suscitato, nel Belpaese sempre retto dal sovrano savoiardo Umberto I, proteste di piazza contro la politica coloniale governativa, obbligando, il 4 aprile di quel 1887, il ministro degli Esteri Carlo Felice Nicolis, conte di Robilant, alle dimissioni e Depretis ad un repentino rimpasto di governo.

Era stato eretto, nello stesso 1887, il monumento capitolino, alto complessivamente 16,92 metri, dedicato alla commemorazione dei caduti di Dogali, davanti alla stazione ferroviaria Termini (nella foto, particolare della cerimonia d'inaugurazione, il 5 giugno 1887, giornata dedicata alla festa dello Statuto Albertino), realizzato dall'architetto Francesco Azzurri, che, dal 1925, verrà spostato in viale Luigi Einaudi, nei pressi delle terme di Diocleziano, per consentire il rifacimento dello scalo dei treni. E ve ne sarà un altro, di obelisco, a Dogali, al margine della rotabile Massaia-Asmara, sul colle di 174 metri sul livello del mare, nella zona limitrofa a quella dello storico scontro.

L'inizio della colonizzazione italiana in Eritrea risaliva al novembre 1869, con il padre lazzarista Giuseppe Sapeto che aveva avviato le trattative per l'acquisizione, da parte dell'armatore genovese Raffaele Rubattino, della baia, per renderla porto di servizio alle sue navi. Il 10 marzo 1882 il governo italiano aveva acquistato il possedimento di Assab, che il 5 luglio dello stesso anno era divenuto ufficialmente italiano. Il 5 febbraio 1885 era stata occupata Massaua e il controllo italiano si era esteso nell'entroterra con l'occupazione di Asmara del 1889.

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