#TODAY

31 Dicembre

Oggi, ma nel 1918, a Bottanuco, in provincia di Bergamo, l'amministrazione municipale dichiarava morto Vincenzo Verzeni, nato 69 anni prima proprio in quella cittadina. Soprannominato "il vampiro della Bergamasca", perché beveva il sangue delle proprie vittime oltre che praticare atti di cannibalismo, si contendeva il triste primato del più efferato killer italiano con il corregionale Antonio Boggia, classe 1799, di Urio, in quel di Como, noto come "il mostro di stretta Bagnera di Milano", il quale invece si dava da fare sui cadaveri delle sue prede a colpi di ascia e di mannaia.

Verzeni, detto anche "lo strangolatore di donne", era passato agli onori della cronaca criminale più che per il numero di ammazzati, due, entrambe figure femminili, per il modo particolarmente cruento di infierire sui corpi senza vita. L'8 dicembre 1870, a Bottanuco, assassinò Giovanna Motta, di 14 anni, i cui resti smembrati, seviziati, trafitti da spilloni secondo un rituale che non fu mai chiarito, vennero rinvenuti quattro giorni dopo. Nel 1872, nello stesso giorno del primo omicidio, replicò la truculenta operazione su Elisabetta Pagnoncelli, di Pavia. A Barbara Bravi, Margherita Esposito, Angela Previtali, Maria Galli e Maria Previtali era andata meglio, tutte riuscirono infatti a fuggire dalle grinfie dell'assassino poco prima di essere finite.

Processato in corte d'Assise a Bergamo, dal 26 marzo al 9 aprile 1873, dopo essere passato per l'esame psichiatrico di nove medici, Verzeni fu condannato all'ergastolo _ anche se poi la pena venne successivamente ridotta a 30 anni di carcere _ da scontare nella Pia casa milanese della Senavra. Il 23 luglio 1874 tentò il suicidio, impiccandosi in cella, ma sopravvisse e successivamente trasferito nel penitenziario di Civitavecchia. La sua mente di sadico e necrofilo era stata studiata anche dal padre dell'Antropologia criminale e della Frenologia delinquenziale Cesare Lombroso. La mummia di Verzeni (nella foto, particolare), dal 15 settembre 2017, verrà esposta nella collezione semipermanente del museo di arte criminologica, allestito dal criminologo di Monza Roberto Paparella, nel torrione della seconda corte del castello di Casale Monferrato. La vicenda storica, criminale e giudiziaria, invece, verrà analizzata anche dall'antropologo culturale Massimo Centini, nel libro «Lo strangolatore di donne», pubblicato da Yume, di Torino, nel 2014.

@RIPRODUZIONE RISERVATA