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31 Gennaio

Oggi, ma nel 1776, ad Angera, in provincia di Varese, sulla sponda sud orientale del Lago Maggiore, mentre era ospite nella casa dell'amica Teresa Castiglioni, il fisico Alessandro Volta, di Como, classe 1745, scopriva quella che chiamava aria infiammabile, ovvero il gas metano, nella palude dell'isola Partegora, sempre sul Lago Maggiore, in località Bruschera. Provando a smuovere il fondo con l'aiuto di un bastone aveva notato delle bolle di gas che risalivano. Fenomeno che già aveva visto nelle sue precedenti osservazioni, effettuate nelle acque stagnanti del fiume Lambro, in seguito alle segnalazioni pervenutegli da parte del chierico Carlo Giuseppe Campi, suo collaboratore. Volta raccoglieva le bolle di gas in alcune bottiglie. Quindi scopriva che tale gas potesse essere incendiato, sia per mezzo di una candela accesa, sia mediante una scarica elettrica. «Quest’aria arde assai lentamente con una bella vampa azzurrina», aveva annotato sul suo diario. Si trattava di un nuovo gas, diverso dall’aria infiammabile metallica, ossia l'idrogeno, che era già nota. «[…] questo, infatti, giunge a scoppiettare col massimo strepitio e rumore ove venga frammischiata con un volume di aria comune doppio del suo; quella all’incontro s’infiamma e scoppia col massimo vantaggio se ad una misura si aggiungono le otto di comune», aveva vergato sempre nei suoi appunti. Deduceva che il gas si formasse d'abitudine, per effetto della decomposizione di corpi morti animali e di residui vegetali. Poi si aggiungerà il dettaglio della assenza di ossigeno. Ovvero che il gas metano fosse frutto della lenta decomposizione di residui organici in assenza di ossigeno. Nel 1777 pubblicherà, a Milano, il volume di studi intitolato "Lettere sull'aria infiammabile nativa delle paludi", per la stamperia di Giuseppe Marelli, con la sua scoperta. Contestualmente, per utilizzare quel gas, Volta costruirà la pistola elettroflogopneumatica in legno, metallo e vetro, una sorta di piccola bombarda necessaria per trasmettere a distanza l'impulso indispensabile ad accendere il gas, che verrà chiamata pistola di Volta (nella foto, particolare di uno degli esemplari conservati nell'esposizione permanente del museo scientifico Tempio voltiano di Como, inaugurato nel 1928). In precedenza aveva utilizzato una pietra focaia. Una volta studiato il gas, con formula chimica CH₄, verrà appurato che la molecola del metano abbia forma tetraedrica, con l'atomo di carbonio al centro di un tetraedro regolare ai cui vertici si trovano gli atomi di idrogeno. Gli angoli di legame sono di 109,5°. La molecola di metano presenta orbitali atomici ibridi sp3, come tutti i carboni delle molecole della classe degli alcani, di cui è il componente più corto, quindi ha 4 legami C-H equivalenti. A temperatura e pressione ambiente appare in forma gassosa, incolore, inodore ed estremamente infiammabile. La versione liquida, invece, si otterrà raffreddando il gas alla temperatura di -162° Celsius. Bisognerà attendere il giugno 1959 per vedere, nella frazione Caviaga di Cavenago d'Adda, in quel di Lodi, entrare in funzione una macchina perforatrice dell'Eni, presieduta da Enrico Mattei, che scoprirà il primo giacimento profondo di gas metano dell'Europa occidentale.

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