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5 Luglio

Oggi, ma nel 1938, a Tokyo, prendeva il via la parte decisiva della missione economica italiana in Giappone. Con la stipula dell'accordo commerciale tra il regno d'Italia e gli imperi del Giappone e del Manchukuo. Quest'ultimo, realtà fantoccio. I rappresentanti dei tre governi alla firma dello stesso furono rispettivamente: Ettore Conti di Verampio, ambasciatore plenipotenziario del re Vittorio Emanuele III di Savoia, il generale Kazushige Ugaki, ministro degli esteri, e Yuan Chen-Tuo, ambasciatore mancese a Tokyo. Contestualmente veniva stipulato pure il trattato di amicizia, commercio e navigazione tra l'Italia e il Manchukuo. La spedizione tricolore, che era approdata con la nave Shanghai Maru, a Nagasaki, il 5 maggio precedente (nella foto, la delegazione ricevuta dal benvenuto e "banzai" degli studenti nipponici), era presieduta dal senatore Conti di Verampio, già al vertice di Confindustria e a capo dell'Agip, e comprendeva altri cinque delegati: Enrico Mattolo, Romolo Angelone, Felice Di Falco, Clemente Boniver, Eugenio Plaja. Erano rappresentanti dei massimi organi economico-commerciali del regno sabaudo. C'erano poi dieci consiglieri tecnici, ciascuno per uno specifico settore dell'industria nazionale: Antonio Cosulich, Giovanni Battista Chiossi, Enrico Bonessa, Boncompagno Boncompagni Ludovisi, Celestino Frigerio, Raffaello Rosselli, Spartaco Boldori, Vincenzo Mannucci, Francesco Nonis, Federico Veglio di Castelletto, Oberto Doria Lamba. Da parte nipponica corrispondeva un analogo comitato, guidato dal vice ministro degli affari esteri Kensuke Horinuchi. Il 10 maggio '38 i rappresentanti della missione erano stati ricevuti, in udienza ufficiale, dall'imperatore giapponese Hirohito. Le transazioni, anche attraverso una forma di cambio merce, soprattutto veicoli, aerei, armi, munizioni, avrebbero avuto un valore equipollente di 150 milioni di lire. In particolare i due imperi asiatici avevano acconsentito di acquistare beni italiani per 34 milioni di yen. Nei risvolti pratici non tutti i dettagli concordati si riveleranno un successo. In particolare la Fiat di Torino, che mirava all'espansione nelle zone occupate dal Giappone ed era protetta dal governo di Roma, dovrà confrontarsi con le affidabili case automobilistiche del sol levante come Toyota, Nissan e Mitsubishi che non le permetteranno di centrare i proprio piani.

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