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9 Maggio

Oggi, ma nel 1956, in Nepal, sul monte Manaslu, il giapponese Toshio Imanishi e lo sherpa nepalese Gyalzen Norbu (quest'ultimo nella foto, proprio sulla vetta più alta delle tre della Montagna dello spirito, secondo il nome originario in sanscrito), facenti parte della spedizione nipponica, guidata da Yuko Maki, del 1894, realizzavano la prima ascensione della montagna della catena dell'Himalaya, alta 8.163 metri. Compivano l'impresa salendo lungo il versante nord-est, per quella che diverrà la via normale di ascensione. Il 25 aprile 1972, l'italiano altoatesino Reinhold Messner, di Bressanone, in provincia di Bolzano, classe 1944, realizzerà la prima salita italiana, che era anche la terza in assoluto su quella cima, come componente della spedizione italo-austriaca, guidata da Wolgang Nairz. Messner aprirà in quel modo una nuova via, quella del versante sud. Il 10 aprile precedente, di quel 1972, si era verificata la valanga che aveva travolto il campo alto della spedizione coreana, provocando 15 morti, di cui 10 sherpa, 4 alpinisti e il leader della spedizione Kim Jung-Sup. La sciagura giungeva in una stagione che farà registrare complessivamente 17 vittime: 4 coreani, 1 giapponese, 10 nepalesi sherpa, 2 austriaci. Messner racconterà questi accadimenti nel suo libro "Tempesta sul Manaslu. Tragedia sul tetto del mondo", per l'editore Priuli & Verlucca di Scarmagno di Torino, del 2011, che verrà pubblicato nel 2011, dopo aver già narrato la sua impresa nel precedente volume "Manaslu, cronaca di una spedizione in Himalaya", della casa editrice Gorlich di Milano, del 1973. Il Manaslu rientrava nel circuito delle 14 montagne alte più di 8mila metri del pianeta che il 14 ottobre 1986 Messner chiuderà, scalando il Lhotse, di 8.516 metri, sempre in Nepal, nell'Himalaya, con Hans Kammerlander, per il versante sud, potendo fregiarsi di essere stato il primo uomo ad aver messo piede sulle sommità di tutti i 14 monti oltre gli 8mila metri, a partire dalla conquista del Nanga Parbat, il 27 giugno 1970, in Pakistan, ancora nell'Himalaya, a quota 8.126, primo dei suoi 8mila, dove aveva perso il fratello Günther.

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