È sparita la tomba della nonna il Comune risarcisce i nipoti 

Vanno a pregare in cimitero ma trovano il loculo della congiunta occupato da un altro defunto All’inizio l’ente accusa i parenti di non aver pagato, poi fa marcia indietro: «È stato un errore» 

CHIETI. Vanno a pregare sulla tomba della nonna ma la trovano occupata da un altro defunto, con tanto di foto e nominativo già cambiati. C’è voluto quasi un anno d’attesa per riportare i resti al loro posto. E adesso il Comune, per evitare una condanna scontata nelle aule di giustizia, ha deciso di risarcire i nipoti Marco, Maria Cristina e Assunta Malandra, assistiti dall’avvocato Antonello D’Aloisio.
LA SCOPERTA. L’atto di citazione presentato davanti al giudice di pace di Chieti riepiloga questa vicenda ai limiti dell’assurdo, iniziata nel 2016. È novembre quando Marco, Maria Cristina e Assunta, in vista della ricorrenza della commemorazione dei defunti, si recano al cimitero di Sant’Anna per fare visita a nonna Cristina, morta nel 1988. E «con stupore», si legge sulle carte, scoprono che sul loculo compaiono «la foto e il nominativo di un altro defunto e non più quelli della nonna». I tre raggiungono immediatamente gli uffici comunali dove viene loro riferito, «peraltro con toni molto severi e scortesi, che la tomba era stata liberata e riassegnata ad altri in quanto non era stato effettuato il relativo pagamento a tempo debito». Ma la circostanza «non risponde al vero», tant’è che i nipoti si rivolgono subito all’avvocato D’Aloisio e scrivono al Comune chiedendo «l’immediata ricollocazione della salma della nonna nel loculo assegnatole fin dal 1988».
I DOCUMENTI. Nella lettera viene fornita la documentazione che attesta «il titolo concessorio rilasciato per 99 anni» e «l’assolvimento di tutte le obbligazioni, ovvero l’acquisto e il pagamento». Inoltre è contestata «l’illegittimità» della decisione presa dall’ente.
L’AMMISSIONE. Nel maggio del 2017, l’amministrazione comunale chiede scusa «accampando motivazioni tra loro contrastanti. Il tutto è stato imputato all’errata archiviazione delle concessioni. Ma, al contempo, è stata sottolineata “l’estrema e attuale necessità di recupero di loculi da poter utilizzare per nuove tumulazioni”». Due mesi più tardi, «dopo ripetuti solleciti», il Comune provvede «a ricollocare nel loculo la salma di Cristina che, nel frattempo e senza che il Comune avesse avvisato i parenti con le dovute modalità, era stata traslata nel campo comune». Scrive l’avvocato D’Aloisio: «La macabra operazione di disseppellimento, oltre a violare il principio della stabilità delle sepolture, e oltre a generare evidente offesa alla pietas della defunta e alla sua memoria, ha causato sofferenza per i nipoti, che sono stati costretti a rivivere il lutto, con modalità senz’altro più crude e laceranti. La bara e i resti della defunta si erano infatti confusi con il terreno e il fango, rendendo oltremodo penosa e pietosa la ricomposizione della salma».
IL DOLORE. «L’intera vicenda», prosegue il legale, «ha profondamente segnato la famiglia Malandra, non solo per l’intero anno, iniziato con la raccapricciante scoperta e conclusosi con la ritumulazione, quanto e soprattutto per la traumatica esperienza della esumazione della congiunta». La richiesta di risarcimento di 5mila euro per «danni morali», dunque, si fonda sul fatto che «l’amministrazione comunale ha offeso, con manifesta indolenza, quel sentimento, individuale e collettivo, di religioso rispetto verso i defunti».
IL CASO IN AULA. Il resto è storia recente. Il caso è arrivato davanti al giudice di pace che, a luglio del 2019, ha formulato una «proposta conciliativa» in cui era previsto il pagamento da parte del Comune di 3mila euro di risarcimento e di 1.081,80 euro di spese legali. L’ipotesi d’accordo è stata accettata sia dall’ente che dai nipoti della defunta. E ora il Comune, ammettendo il proprio errore, ha dato il via libera al pagamento.
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